Ad agosto cane mio non ti conosco

Per gli animali l’abbandono in estate è dietro la porta. Ma la questione del rapporto uomo-animale è innanzitutto etica, come ci spiega Giacomo Coccolini, autore di "Insieme nell'arca" . In Germania c'è persino un istituto di teologia che si occupa di loro
Cane

Sarebbero quasi 350 mila gli animali abbandonati ogni anno in Italia secondo le stime diffuse dal ministero della Salute in Italia. Solo nei periodi estivi però il numero sale fino a toccare punte di 140 mila. Un vero e proprio boom: dopo esser state coccolate, amate, dopo aver fatto compagnia e dato assistenza (pensiamo alla pet teraphy), improvvisamente queste creature diventano un problema irrisolvibile.

L'attenzione al fenomeno, con dibattiti in tivvù e sui giornali, ma anche sui social network, è comunque sintomatica di una società che si è fatta più sensibile alla tematica: è possibile che anche gli animali abbiano un’anima o una coscienza che vada al di là della “forza biologica” che caratterizza tutti gli esseri viventi? Il problema quindi si sposta dai diritti degli animali allo stabilire un'etica del rapporto uomo-animale, che arriva ad abbracciare anche la teologia. E proprio di questa e di altre questioni, riguardanti il rapporto uomo-animale, parla il libro Insieme nell'arca , scritto per l'editrice Città Nuova dal  professor Giacomo Coccolini, docente presso l’Issr di Bologna. Lo abbiamo intervistato.

Nella nostra società, qualche studioso sostiene che l’attenzione all’animale deriva da un distorto rapporto tra gli uomini perché “l’uomo non ci piace così tanto”. Eppure nemmeno gli animali piacciono se vengono poi abbandonati…
«Da qualche tempo, in effetti, soprattutto in certi momenti dell’anno, i mass media richiamano la nostra attenzione nei confronti degli animali. Si tratta, in primo luogo, di un’assunzione di responsabilità da parte nostra che è doverosa: gli animali non sono giocattoli da abbandonare quando non interessano più. Sono degli esseri viventi a tutti gli effetti – e, in termini biblici, delle creature di Dio – e, quindi, non vanno né maltrattati né abbandonati o addirittura uccisi. Detto questo, la riflessione può andare oltre. A mio parere, infatti, per molte persone esiste la possibilità che la relazione con gli animali – domestici in particolare – inneschi qualcosa di nuovo e di peculiare. Come per molti altri aspetti della quotidianità, la riflessione filosofica e teologica, ma anche scientifica e letteraria, ha trovato nell’animale – come diceva Claude Lévi-Strauss – non soltanto qualcosa di buono da mangiare, ma soprattutto qualcosa di buono da pensare».
 
Una novità assoluta viene dalla Germania, dove c'è un Istituto di zoologia teologica. Di cosa si tratta?
«A Münster, in Germania, presso l’Università filosofico-teologica dei Cappuccini (dove negli anni Sessanta Benedetto XVI ha preso il dottorato) è stato recentemente aperto un istituto, il cui compito è di offrire una valutazione teologica sugli animali. Il sacerdote, teologo e biologo Reiner Hagencord, assieme al teologo padre Anton Rotzetter, ha dato inizio a un dialogo molto proficuo sulla stretta relazione tra gli esseri umani e gli animali. Ovviamente questo è un grande problema su cui la teologia ha cominciato in questi ultimi anni a muovere i primi passi, anche se è vero che già alcuni grandi teologi del XX secolo – penso, qui, a Karl Barth e a Pierre Teilhard de Chardin – avevano colto la centralità di questi nostri "compagni di viaggio". L’Istituto porta avanti questo progetto, cercando di avviare nuove modalità relazionali con loro e una nuova spiritualità, dove la dignità dell’uomo e la bontà di tutte le creature vadano assieme. Si tratta cioè di dare corso a una teologia con uno sguardo rivolto alla creazione e a tutte le creature che in essa vivono».
 
In Insieme nell'arca lei propone un vademecum su tematiche come autocoscienza e diritti degli animali, pratica del vegetarianismo e del veganismo.C’è n’è una forse meno conosciuta, è lo specismo. Di cosa si tratta?
«Il termine è stato coniato a metà degli anni Settanta dallo psicologo inglese Richard Ryder nell’opera Victims of Science: The Use of Animals in Research, che se ne serve per descrivere – e criticare – gli atteggiamenti discriminatori che l’uomo assume verso gli animali, considerati come oggetti di sua proprietà. È interessante notare come la coscienza contemporanea, anche per gli effetti dirompenti della secolarizzazione, ha criticamente evidenziato che i modi d’agire dell’uomo sono spesso guidati dall’idea inconfessata di essere al centro del cosmo e che tutto derivi da lui. Qui la riflessione teologica deve tener ferma, senza dubbio, la centralità dell’uomo, senza però dimenticare che tutte le creature hanno la loro ragione d’essere entro la creazione di Dio».

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