Acque contaminate a Terzigno
Resi noti i dati ufficiali: materiali pericolosi e sostanze cancerogene nella falda acquifera. Preoccupazioni anche a Roma e Milano.
La discarica nella cava Sari di Terzigno non andava realizzata. Tanto più che trovandosi in «uno stato ambientale già fortemente compromesso», la zona necessitava di una bonifica. Nulla, invece, è stato fatto in tal senso, anzi. E così, adesso, la falda acquifera profonda è stata contaminata. Lo scrive, in una lunga e dettagliata relazione, Michele Moscariello, consulente tecnico dei comuni di Boscoreale e Terzigno, in provincia di Napoli, che, insieme ai tecnici dell’Arpac (Agenzia regionale per la Protezione ambientale) e dell’Asìa (l’Azienda servizi igiene ambientale), ha effettuato le nuove analisi. I risultati di quelle di luglio avevano fatto scattare l’allarme inquinamento. In base ai prelievi effettuati, in un clima di tensione e sotto il controllo continuo dei consulenti dei comuni vesuviani, con i risultati messi sotto chiave per giorni prima di essere divulgati, è stato confermato che nella falda acquifera ci sono livelli superiori a quelli consentiti dalla legge di «metalli pericolosi e di sostanze fortemente cancerogene». C’è un po’ di tutto nell’acqua che scorre sotto la discarica Sari. Ci sono sostanze “normali” per un’area vulcanica, come manganese, ferro e fluoruri. Poi, però, ci sono le sostanze “anomale” per il territorio: zinco, alluminio, nichel e boro.
Da novembre 2009 all’aprile 2010, inoltre, sono stati rilevati anche idrocarburi policiclici aromatici (IPA), con concentrazioni di benzo(a)pirene, una sostanza fortemente cancerogena. Per non parlare dei Pcb, inquinanti che vengono accomunati alla diossina. Vista la situazione, non si esclude un intervento della magistratura.
Le reazioni della gente
Quando i cittadini del vesuviano sono stati informati della contaminazione della falda acquifera, si sono rivolti ai rappresentanti delle istituzioni gridando: «Assassini, assassini». Il primo, però, a denunciare l’elevato inquinamento dell’acqua è stato il commissario regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, che ha lamentato a lungo anche la mancata pubblicazione dei dati. «Dando la notizia – afferma – ho un po’ forzato la mano, consentendo la divulgazione dei risultati. Se non avessi fatto così, immagino che sarebbe andata come per gli esami di luglio: in quel caso i risultati sono stati diffusi solo ad ottobre. In questa storia c’è stata una grande mistificazione, soprattutto sulle proteste dei cittadini. Si lamentavano, è vero, per la puzza che si sprigionava dalla discarica, ma soprattutto per il grande aumento delle malattie. Il mondo qui sembra andare al rovescio: invece di bonificare una falda acquifera inquinata, si costruisce sopra una discarica per contaminarla ancora di più».
Emergenza rifiuti a Napoli
A Napoli sembra di essere tornati al periodo precedente le elezioni regionali, quando sommersi dalla spazzatura, a furor di popolo fu cacciato Bassolino e la sua corte di centrosinistra. Ora, alla vigilia delle comunali, probabilmente si vuole fare lo stesso con la Iervolino e i suoi possibili successori. Certo, la vicenda non è solo politica, ma anche questo fattore ha la sua importanza. Dal punto di vista tecnico, la città è sommersa dalla spazzatura: i fatti di Terzigno sono noti, a Taverna del Re (Giugliano) la discarica è satura, lo stesso a Caivano. Dopo il no della Puglia, ora il Comune cerca la solidarietà del Nord Italia e della Spagna. Di sicuro esistono gravi responsabilità dell’intera classe politica, basti pensare agli avvisi di garanzia recapitati pochi giorni fa a 36 persone, tra cui il sindaco Iervolino, l’ex governatore Bassolino e l’ex prefetto Alessandro Pansa, per i reati di «epidemia colposa e omissione di atti d’ufficio», per non aver adottato adeguate misure di prevenzione nel corso dell’emergenza del 2007/08. Allora si manifestarono scatenò gastroenteriti e problemi dermatologici tra la popolazione, che sarebbero state evitate con la semplice copertura dei cumuli di spazzatura con la calce.
Arsenico a Malagrotta (Roma), diossine a Milano
Se Napoli e la Campania piangono, nel resto d’Italia c’è poco da ridere. A Roma, per esempio, la relazione dell’Arpa Lazio sui campionamenti effettuati nel periodo di febbraio-maggio di quest’anno sulla falda acquifera sottostante la discarica di Malagrotta, una delle più grandi d’Italia, è allarmante. Le acque sono contaminate da ferro, manganese, nichel, ma anche da arsenico e benzene. Di conseguenza, spiega l’Arpa, urgono «misure di messa in sicurezza volte a contenere la diffusione della contaminazione», nonché un’accurata bonifica. Nota da mesi, anche in questo caso la relazione è stata diffusa solo con molto ritardo, senza che la cittadinanza fosse avvertita. Certo, bisogna evitare allarmismi, ma serve anche tutelare la salute della popolazione.
A Milano, invece, la Procura ha sequestrato un’area di 300mila mq sulla quale erano stati avviati i lavori di costruzione di migliaia di appartamenti, nonché di centri commerciali e uffici, per la presenza di diossina e metalli tossici nella falda acquifera. L’area si trova nella periferia ovest di Milano, ed era stata recentemente indicata dall’amministrazione comunale come una delle papabili per ospitare un progetto di riqualificazione dei parchi, in vista dell’Expo del 2015.