Acqua per tutti
Manila, qualche anno fa. Una grande metropoli, popolata di quartieri ai limiti della sopravvivenza. Di acqua ne arriva poca per tutti (me ne accorgo quando vorrei fare una doccia) e un terzo della popolazione non ha accesso a quella potabile. Camerun, l’anno scorso. Una grande foresta attraversata da fiumiciattoli e torrenti. L’acqua c’è, ma anche qui non arriva a tutti, e quella che arriva non è potabile. Le conseguenze, in città come nella foresta, sono molto simili. A cominciare dalla salute: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità le malattie diarroiche colpiscono centinaia di milioni di persone ogni anno e sono la principale causa del decesso dei bambini al di sotto dei due anni. In fondo vengono colpite due volte sempre le stesse persone, perché gli abitanti delle periferie urbane sono spesso quei contadini che vivevano nella foresta o nelle campagne Si capisce perché prendere l’acqua dal torrente, filtrarla e farla arrivare al centro del villaggio, da dove sgorga da un rubinetto, bella, fresca e pulita, non è solo una questione di quantità delle risorse, ma di qualità. Bere l’una o l’altra acqua non è lo stesso: una è possibile fonte di morte, l’altra è fonte di vita. Le cifre dell’acqua È vero che sulla Terra abbiamo acqua in abbondanza. L’idrosfera ricopre circa il 71 per cento della superficie terrestre con un volume pari a 1400 milioni di chilometri cubi. Però il 98 per cento dell’idrosfera ha una concentrazione salina troppo elevata per poter essere utilizzata in agricoltura, nell’industria o per usi domestici. La maggior parte delle riserve di acqua dolce, quella che più direttamente ci interessa, è costituita dalle calotte polari, dai ghiacciai e dalle acque sotterranee, mentre solo una piccola parte, lo 0,14 per mille del totale delle acque scorre in superficie come fiumi e laghi. Il flusso delle acque di superficie e sotterranee di tutte le terre emerse si aggira comunque intorno a 40 mila miliardi di metri cubi all’anno. È una bella cifra, ma purtroppo non è distribuita in modo regolare a causa delle diverse condizioni climatiche ed è sempre un’offerta limitata a fronte di una domanda sempre più crescente. La Banca mondiale ci ha ricordato, già nel 1995, che 80 paesi (40 per cento della popolazione mondiale) erano toccati dalla penuria d’acqua. Diritto all’acqua Se di acqua ce n’è meno e quindi bisogna risparmiare, facciamola pagare di più e affidiamone ai privati la gestione, in modo da ridurre gli sprechi. Questo pensiero non ha come obiettivo di rendere l’acqua disponibile per tutta la popolazione mondiale, ma quello di regolare l’accesso attraverso un metodo basato sulla concorrenza. Ma accedere all’acqua può essere un problema di scelta? A me pare di no. Se anche le nostre capacità tecnologiche e di gestione delle risorse possono aiutarci a ridurre al massimo i costi, resta vero il principio che assicurare a ogni persona e comunità l’accesso all’acqua per il soddisfacimento dei bisogni vitali è un dovere fondamentale, qualunque sia il suo costo. Detto così sembra ovvio, ma a livello internazionale, nei documenti ufficiali, si fanno strada altre convinzioni. Nella Dichiarazione di Dublino, approvata nel 1992, si affermava che “l’acqua ha un valore economico in tutti i suoi usi correnti e dovrebbe essere riconosciuta come un bene economico”. Allora: bene economico e quindi sostituibile (posso usare il carbone o il petrolio per riscaldarmi, il riso o la pasta per mangiare) oppure bene comune di base e quindi insostituibile? Dalla risposta a questa domanda, tradotta in principi accettati internazionalmente e in atti conseguenti, discenderanno conseguenze importanti per la pace e lo sviluppo globale.