Accordo di pace in Etiopia per la regione del Tigray

L’“Accordo per una pace duratura attraverso la cessione permanente delle ostilità” è stato firmato dal governo etiope e dal Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray alla vigilia del secondo anniversario del conflitto. Tra i contenuti principali il disarmo delle forze tigrine entro trenta giorni e l’entrata delle truppe etiopi a Mekelle, capitale della regione, in maniera pacifica e coordinata.
Un membro del pubblico tiene una bandiera nazionale durante una cerimonia nel ricordo dei soldati che sono morti il ​​primo giorno del conflitto nel Tigray. Etiopia, giovedì 3 novembre 2022. Foto AP

Le forze di sicurezza governative riacquisteranno il controllo delle infrastrutture locali, dalle autostrade agli aeroporti. L’arrivo di aiuti e il ripristino dei servizi essenziali in Tigray saranno resi di nuovo possibili, nonostante le vie di comunicazione e trasporto principali siano state fortemente compromesse per via di danni provocati durante gli scontri. Anche le forniture di acqua ed elettricità, oltre alle telecomunicazioni, erano state interrotte durante il periodo di scontri. Nella regione vive una popolazione di 7 milioni di abitanti, di questi secondo l’Onu 5.2 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria a cause delle violenze, crimini di guerra e carestia che hanno subito negli ultimi due anni di carneficina. Ciò è il risultato di mesi in cui il territorio è stato completamente blindato, parzialmente reso accessibile durante i mesi di tregua da marzo a fine agosto 2022, e poi di nuovo bloccato durante l’escalation degli ultimi due mesi.

L’accordo sigla la vittoria nella guerra civile del governo centrale del primo ministro Abiy Ahmed Ali, che poche settimane prima dell’inizio dei dialoghi di pace, mediati dall’Unione africana a Pretoria, aveva ottenuto importanti vittorie conquistando città tigrine come Shire e Axum. L’andamento sul campo del conflitto insieme allo stato di stremo della popolazione tigrina ha posto il FPLT in una posizione negoziale di svantaggio, portandolo ad accettare di iniziare i colloqui di pace e un accordo che di fatto ne dichiara la sconfitta.

Accanto alle preoccupazioni riguardo l’effettiva realizzazione dei contenuti dell’accordo rimane il punto di domanda riguardo a come agiranno le forze militari eritree. L’Eritrea non viene menzionata nell’Accordo, eppure era una forza in campo a sostegno del governo centrale etiope e i suoi uomini sono stati identificati come responsabili di alcuni dei crimini di guerra più feroci commessi durante il conflitto. Per di più le dispute territoriali per la definizione dei confini su cui Etiopia/Tigray ed Eritrea si toccano sono stati una costante nei rapporti tra i due Paesi africani per un ventennio, fino alla pace che è valsa il premio Nobel ad Abiy ma che non ha per nulla tranquillizzato i tigrini. Per tamponare il problema l’unica menzione nell’accordo di pace è il riferimento all’impegno delle forze di difesa etiopi a salvaguardare il confine e a bloccare qualsiasi provocazione da ambo i lati.

La firma dell’Accordo di pace è quindi un importantissimo primo passo sulla strada della realizzazione di una pace effettiva. Questo primo passo è stato accolto con gioia dalla popolazione coinvolta in primis, ma anche dalla comunità internazionale, compreso il segretario generale Onu Antonio Guterres che aveva più volte sollecitato l’inizio dei colloqui e la definizione di una pace. Inoltre un gruppo di esperti dell’Unione africana continuerà ad essere coinvolta nella supervisione dell’applicazione dei termini dell’Accordo, al fine di garantire una pace duratura che sarebbe il frutto di “soluzioni africane a problemi africani”, come l’Unione tiene a precisare.

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