Accendere la pace
Da mesi, ormai, non passa giorno, non passa ora, senza che ci raggiunga l’eco della guerra nella Terra Santa – Palestina o Israele, non importa come la si voglia chiamare -: questa terra che per le tre grandi religioni monoteiste, rappresenta il legame dell’umanità con Dio. Un Dio che a tutti indistintamente qui ha parlato di misericordia, di perdono, di pace. Terra di contraddizioni da sempre, questo lembo di costa sassosa, ritagliato fra il mare e il deserto, che annoda tre continenti e la loro storia. Di qui, ancora oggi, passano le maggiori sfide per una umanità che, a parole, protesta in mille modi nelle aule dei consessi internazionali e nelle piazze la propria volontà di progresso nella pace, ma finisce per contraddirsi subito nei fatti. E, per quanto di questa vicenda ci riguarda – anche se ci riteniamo ancora in sicurezza al di qua del mare – non tanto e non solo rifletto sulla assurdità inconsulta della violenza armata che i governanti spaventati impongono ai propri soldati; e sul terrore e sulla morte che suicidi disperati seminano fra altra gente indifesa essa pure e disperata. Penso anche al non senso di quanti non perdono occasione per picchiare e sfasciare, esasperati dalla violenza del sistema economico globalizzato; e all’assurdo, ancora più grave, di chi, in posizione di governo, non cessa di auspicare la pace mentre produce e vende armi di distruzione e di morte. Certamente si tratta di gradi diversi di responsabilità che non ci fermiamo adanalizzare, ma che vogliamo denunciare. Mentre allo stesso tempo non possiamo tacere gli sforzi che tanti, ad ogni livello, nell’azione silenziosa o dalle cattedre del loro magistero, compiono per fare progredire la pace e la concordia. Dobbiamo riconoscere che, davanti al baratro che questa spaccatura sta scavando, con pericolo di coinvolgimenti fatali per gran parte dell’umanità, non pochi irriducibili alleati delle opposte fazioni si stanno finalmente adoperando per costruire nuove condizioni di pace. Penso al piano saudita che offre garanzie per il riconoscimento dello stato di Israele da parte dei paesi arabi in cambio dell’effettiva autonomia e indipendenza dei territori palestinesi; come pure agli inviti degli americani, alleati storici della stella di Davide, a richiamare l’esercito dai Territori e a ritornare al tavolo dei negoziati. Anche l’Onu e l’Europa, che sempre hanno lavorato per la riconciliazione, hanno intensificato la propria azione con gesti concreti. È significativa la recente proposta italiana di un piano Marshall per la ricostruzione dei territori devastati. Ma l’invito più alto a disarmare gli animi e disporli a sentimenti di perdono, è venuto dai rappresentanti delle religioni ad Assisi. Invito che Giovanni Paolo II, promotore di quello storico appuntamento, ha ricapitolato in un Decalogo che potremmo definire della nuova legge per la pace. Lo riportiamo a lato integralmente. “In questa terra c’è spazio per due popoli e per due nazioni “, ha gridato davanti alla bara del figlio Yochai il padre Giacomo Di Porto, rifiutando di pensare che tutti i palestinesi siano criminali. Un pensiero, questo, che comincia a far breccia in un numero sempre crescente di persone, persuase che il prezzo della pace comporta la rinuncia ad una parte delle proprie “buone ragioni”. È questo anche il mio convincimento che esprimo con l’augurio, veramente pasquale, che ritorni presto e duratura la pace fra gli ulivi insanguinati della Terra Santa. Il decalogo di Assisi “Ho potuto costatare – ha scritto il papa nella lettera che accompagna il testo del Decalogo inviato a sessanta capi di stato – che i partecipanti all’incontro di Assisi erano più che mai animati da una convinzione comune: l’umanità deve scegliere fra l’amore e l’odio ( ), poiché, se l’odio distrugge, l’amore al contrario sa costruire”. Agli incessanti appelli di Giovanni Paolo II per la pace in Terra Santa, si è aggiunto dunque questo compendio delle risoluzioni sottoscritte ad Assisi dai rappresentanti di tutte le principali religioni, fra cui, in primo luogo, quelle dei popoli coinvolti nel crudele conflitto in Terra Santa. Ne pubblichiamo il testo per intero. 1. Noi ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo sono in opposizione ad un vero spirito religioso e, condannando ogni ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, noi ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo. 2. Noi ci impegniamo ad educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, in modo che si possa raggiungere una coesistenza pacifica e solidale tra i membri di etnie, culture e religioni differenti. 3. Noi ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, in modo da sviluppare la comprensione e la fiducia reciproche tra gli individui e tra i popoli, perché queste sono le condizioni d una pace autentica. 4. Noi ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un’esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a costituire liberamente una famiglia che le sia propria. 5. Noi ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro invalicabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può divenire occasione di una più grande comprensione reciproca. 6. Noi ci impegniamo a perdonarci reciprocamente per gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e sostenerci nello sforzo comune per vincere l’egoismo e l’abuso, l’odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza giustizia non è una pace autentica. 7. Noi ci impegniamo ad essere dalla parte di coloro che soffrono per la miseria e l’abbandono, divenendo la voce dei senza-voce e lavorando concretamente per superare tali situazioni, convinti che nessuno può essere felice da solo. 8. Noi ci impegniamo a fare nostro il grido di coloro che non si rassegnano alla violenza ed al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace. 9. Noi ci impegniamo ad incoraggiare ogni iniziativa che promuova l’amicizia fra i popoli, convinti che, se manca una solida intesa tra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a dei rischi crescenti di distruzione di morte. 10. Noi ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di fare tutti gli sforzi possibili perché, a livello nazionale e internazionale, sia costruito e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondata sulla giustizia.