Abusi sui minori: è tempo di cambiare

Le conclusioni del summit. Il vademecum per le Conferenze episcopali, con gli otto punti sulle azioni definite. La delusione di alcune associazioni delle vittime. Il prossimo “Motu proprio” del papa.

Si conclude il summit sugli abusi nella Chiesa. Al termine della celebrazione, papa Francesco, presentando la situazione a livello mondiale, si sofferma sulla realtà della Chiesa, parlando di cambiamenti concreti da mettere in campo quanto prima: «Negli abusi noi vediamo la mano del male che non risparmia neanche l’innocenza dei bambini. Non ci sono spiegazioni sufficienti. Umilmente e coraggiosamente dobbiamo riconoscere che siamo davanti al mistero del male che si accanisce contro i più deboli perché sono immagine di Gesù. Ecco perché nella Chiesa attualmente è cresciuta la consapevolezza di dovere non solo cercare di arginare gli abusi gravissimi con misure disciplinari e processi civili e canonici, ma anche affrontare con decisione il fenomeno sia all’interno sia all’esterno della Chiesa».

Quindi papa Francesco indica otto punti sui quali si dovrà concentrare il lavoro della chiesa: tutelare i minori; operare con una serietà impeccabile; impegnarsi in una vera purificazione della Chiesa; prestare particolare cura nella formazione dei candidati al sacerdozio; rafforzare e verificare le linee guida delle Conferenze episcopali; accompagnare le persone abusate; prestare attenzione ai pericoli del mondo digitale e al turismo sessuale che mortifica la dignità della persona.

Una situazione, quella degli abusi compiuti e coperti, che pesa sulle coscienze e di cui si è domandato perdono nel corso della liturgia penitenziale di sabato 23. Una Chiesa che guarda al futuro, ha il coraggio di ammettere le sue colpe e, come il figliol prodigo, di tornare al Padre ma anche di operare scelte concrete di cambiamento. È questo il desiderio espresso da papa Francesco.

Concretezza e trasparenza sono le istanze emerse maggiormente nel corso del summit. Mons. Scicluna, nel briefing di sabato 23 con i giornalisti, ha affermato la necessità che ogni Paese, almeno ogni conferenza episcopale, offra un servizio di ascolto costituito da laici competenti, che possa essere un punto di riferimento per coloro che devono denunciare, condividere una storia di abusi che ha bisogno di essere seguita. Mons. Scicluna ha anche annunciato che la Congregazione per la dottrina della fede sta preparando un vademecum che sarà presto di dominio pubblico e aiuterà i vescovi nel loro compito.

Sulla necessità di trasparenza, ha poi parlato p. Lombardi: «Dobbiamo continuare a insistere che tutte le conferenze episcopali abbiano delle linee che devono essere pubbliche, sui siti delle Conferenze episcopali. Nelle linee guida si deve dire chiaramente che nelle diocesi ci deve essere il “servizio di ascolto”, deve essere indicato chiaramente dove e a chi si devono segnalare i sospetti, le accuse e ci deve essere il comitato per la valutazione delle accuse». A tal proposito ha citato i casi delle diocesi di Bergamo e Bolzano, in cui già esiste questa possibilità.

Tra le misure concrete proposte dai gruppi di studio, Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, ha indicato lo sviluppo di una maggiore collegialità e sinodalità: bisogna crescere nella sinodalità tra vescovi e superiori religiosi non solo nei momenti di crisi; declinare la collegialità nella condivisione delle risorse e declinare collegialità e sinodalità attraverso la sussidiarietà e il decentramento; accompagnare quei Paesi che non hanno ancora protocolli per gli abusi.

Si è anche parlato di come recuperare il rapporto con le vittime e le loro famiglie, dell’importanza del ruolo delle donne, dei laici e della famiglia per una corretta educazione alla affettività, sottolineando che senza una corretta educazione alla sessualità anche il matrimonio non è un antidoto alla concupiscenza. Di fondamentale importanza è la selezione dei seminaristi e la formazione dei sacerdoti. A tal proposito, è stato proposto il coinvolgimento di coppie sposate nella formazione e selezione dei seminaristi e ribadita l’importanza di non accogliere in seminario un candidato che non è stato accettato da altri seminari. Si è anche proposto di associare le religiose nel processo decisionale della Chiesa e non solo nella fase consultiva.

Restano nella memoria – accanto al dolore delle vittime e alla richiesta di perdono da parte dei pastori – le voci delle donne che, durante il summit, hanno parlato con particolare parresia: la dott.ssa Ghisoni, sottosegretario per la Sezione Fedeli Laici del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, la dott.ssa Alazraki, vaticanista, e suor Veronica Openibo, nigeriana, superiora generale della Società del Santo Bambino Gesù.

Suor Veronica ha esortato tutti a trovare soluzioni costruttive a fianco delle vittime, partendo dall’ascolto e dall’empatia con la loro situazione. «Non nascondiamo più simili fatti per paura di sbagliare – ha detto –. Dobbiamo costruire processi più efficaci ed efficienti, basati sulla ricerca nello sviluppo umano come anche nel diritto civile e canonico, per la Tutela dei minori».

Papa Francesco promette quanto prima un Motu proprio “sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili”, una nuova legge dello Stato della Città del Vaticano e Linee guida per il Vicariato della Città del Vaticano.

Tuttavia, alcune associazioni delle vittime non nascondono la delusione: da questo incontro attendevano anche provvedimenti concreti nei confronti di alcuni vescovi, dichiara Francesco Zanardi, presidente della rete l’Abuso. Anche l’irlandese Marie Collins, vittima di abusi, che ha fatto parte della Pontificia Commissione anti abusi dalla quale si è dimessa, affida a un tweet il suo pensiero: «Abbiamo già ascoltato questi impegni per affrontare gli abusi molte volte. Quando e come è ciò che abbiamo bisogno di sentire, nel dettaglio».

Intanto nella Curia, i lavori continuano senza sosta: già oggi ci sarà un incontro con i responsabili della Curia Romana che hanno partecipato all’incontro e il comitato organizzatore del summit. L’attesa di tutti è che il lavoro svolto trovi presto concretezza e, come espresso da papa Francesco, si arrivi ad «una conversione personale e collettiva», cercando di «trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare tale piaga non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società»

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