Abram, il pioniere

La nostra storia è cominciata lì, dal viaggio del pastore Abram. Infatti, al suo clan, in un modo o nell’altro, apparteniamo un po’ tutti da questa parte del globo: ebrei, cristiani e musulmani, delle varie denominazioni ed eresie. Abram, figlio d’un certo Terach, viveva a Ur dei Caldei, una località che attualmente è in Iraq. Insomma era un giovane sveglio e intraprendente, che oggi sarebbe un iracheno. Possedeva mandrie e greggi e viveva sulle benevole sponde del grande fiume Eufrate, all’ombra delle imponenti ziggurat. Ad un certo punto, s’era nel 2000 a.C. o giù di lì, si mosse con la sua famiglia allargata, come si usava allora, per andare verso la terra di Canaan. A fare che cosa? Probabilmente in cerca di pascoli. O per motivi politici. Quel gruppetto di uomini, donne e animali, però, si fermò a metà strada, in alta Mesopotamia, nella località di Carran, che ora si trova in Siria. Fu lì che successe ad Abram un fatto straordinario. Nessuno sa che cosa avvenne di preciso, ma sicuramente il pastore di Ur fece un’esperienza fortissima di Dio. Un incontro personale con l’Eterno, che la Bibbia condensa in fulminanti e lapidarie parole: Il Signore disse ad Abram: Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò. Dio per chiamarlo a un’esperienza nuova gli chiede di cambiare paese, far piazza pulita delle sue abitudini. La Bibbia, parlando di Abramo, usa il termine ebreo, Abramo l’ebreo. È il primo uomo ad essere chiamato ebreo, una parola che significa colui che sta dall’altra parte. Abramo infatti sta dall’altra parte di tutto ciò che gli è familiare: abbandona la sicurezza della sua terra per mettersi in viaggio verso una destinazione ignota, abbandona l’idolatria comune fra la sua gente per seguire il Dio unico. È un vero pioniere. Disfatte le tende, Abram, la sua famiglia, i suoi schiavi, le mandrie e i greggi che possedeva (non era certo un poveraccio!) si misero in viaggio verso il paese dove abitavano i cananei. Due parole su Sarai, sua moglie. La Bibbia dice che non era affatto brutta, anzi era una donna di aspetto avvenente. Tanto che, quando Abram si trova ad essere ospite di re stranieri, per ben due volte non esita a dichiarare che Sarai è sua sorella e, per salvarsi la vita, la concede in moglie temporanea al re locale. Ovviamente pensando: se dico che è mia moglie, pur di averla mi uccide- ranno, dato che è molto bella. La mossa di Abram non è gradita a Dio: il suo trucchetto (che sarà poi ripetuto anche dal figlio Isacco con la moglie Rebecca) viene svelato e la famiglia si ricompone. Anche se il comportamento di Abram, in questo caso, non appare dei più edificanti, non conviene giudicarlo coi parametri morali e sociali nostri, ma va riferito all’epoca in cui accadde. Dio si è sempre rivelato nel corso della storia a uomini della loro epoca, con i loro limiti personali e con quelli dovuti alla cultura vigente. Si è rivelato a persone imperfette – non ad angeli! – che hanno comunque avuto il merito di volerlo seguire nonostante il fardello a volte impacciante della loro umanità. Per questo, spesso, i personaggi biblici possono sconcertare… o risultare addirittura simpatici. Un altro fatto di Sarai, che la accomuna ad altre donne importanti della Bibbia: era sterile. E questo è un mistero perché Dio, che aveva previsto una grande discendenza, sembra non mantenere la sua promessa. Il Talmud che, più che spiegare, abbaglia, dà questa risposta: I costruttori di case sono serrati di figli. In altre parole: le donne che hanno il compito di fondare il popolo eletto, devono aver ben chiaro che Israele è un’opera di Dio, non è opera umana. Donne normalmente prolifiche non segnano le pagine più significative della Bibbia. Alle fondatrici, Dio concede la maternità col contagocce: le fa soffrire, poi la concede. Per le donne dell’epoca essere sterile era una terribile vergogna. Sarai, per cancellare tale umiliazione, usa i sistemi dell’epoca: chiede ad Abram di unirsi alla sua schiava Agar, affinché concepisca, e lei possa comunque avere, attraverso Agar, il figlio desiderato. Nacque Ismaele, che è un personaggio molto importante nella tradizione araba e islamica. Un punto spinoso. Dio promette una terra ad Abramo, ma in questa terra ci abitavano già varie popolazioni. Fatto non trascurabile che, nel corso della storia, avrà conseguenze spesso tragiche. Ne siamo testimoni ancor oggi: sembra che le origini dei conflitti ebraico-arabi nascano da quei tempi. Senza entrare nelle complicatissima vicenda, dal punto di vista religioso è interessante notare che Dio promette ad Abramo una terra, e gliela concede.Ma questa terra non è sua esclusiva: la deve condividere con altri. Così con tutti i doni di Dio: egli non li dà per il beneficio esclusivo del singolo, c’è sempre da tener conto degli altri. Abram e il suo clan si scontrano con queste prime difficoltà quando cominciavano a mettere radici in terra di Canaan. Risolvono il problema con qualche alleanza e scaramuccia con i locali, con qualche saggio compromesso e con qualche onesta compravendita di terreni. Ma, in ogni caso, tutta la storia di Abram è cosparsa di incontri folgoranti con il Dio vivente. Incontri che siglavano ogni volta un patto tra Dio e l’uomo di Ur: un’alleanza fra il cielo e la terra. Incontri così determinanti che cambiarono il pastore Abram in un uomo nuovo. Questa novità è riconosciuta da Dio stesso, che gli cambierà nome e lo chiamerà Abraham (= Abramo): Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli. Anche l’esperienza di Dio fatta da Sarai è simboleggiata dal nome nuovo che riceve: Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni…. Quando tutto sembrava perso, accadde l’impossibile. Accadde nel modo più imprevisto, come avvengono le manifestazioni di Dio. Abramo e Sara ormai erano anzianotti. Lui sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Forse sonnecchiava, appesantito dal pranzo. Lei, nella tenda, probabilmente riposava o sistemava le stoviglie. Arrivarono tre sconosciuti. Abramo, avvezzo com’era a riconoscere le manifestazioni del divino, intuì subito che quei misteriosi personaggi erano messaggeri dell’Eterno e si prostrò fino a terra per salutarli. Li fece accomodare sotto l’albero, portò loro dell’acqua per rinfrescarsi. Verso sera, mangiarono. Il menu era quello della festa: focacce, carne di vitello, latte acido e latte fresco. Poi continuarono a parlare, probabilmente bevendo vino, sotto l’incredibile cielo blu della Palestina che si cospargeva di stelle. Durante i vari discorsi annunciarono ad Abramo che l’anno seguente avrebbe avuto un figlio da Sara. Dietro la tenda Sara – curiosa com’era – origliava. Quando sentì quello sproposito, probabilmente pensò che gli uomini avevano bevuto un po’ troppo, e rise. Non apertamente. Rise fra sé, in cuor suo: Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!. I tre stranieri se ne accorsero e lo fecero notare. Lei mentì: Non ho riso disse, certamente un po’ imbarazzata. L’anno seguente però, come avevano detto, nacque il piccolo Isacco. Dio aveva mantenuto la sua promessa.Ma le sorprese non erano finite…

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