Aborto: non diminuisce la gravità, aumentano le cure
Dal 22 maggio 1978 in Italia è legale la pratica dell’aborto entro tre mesi dal concepimento. È pur vero che, già prima della legge 194, c’era comunque un gran numero di aborti clandestini. Non è sufficiente allora dire soltanto “no” a questa terribile pratica, ma occorrono gesti concreti con cui accompagnare ogni singola esistenza, sin dal concepimento, come prezioso dono di Dio.
Talora la scelta di sopprimere la vita nel proprio grembo è praticata con una certa superficialità, arrendendosi alla «cultura dello scarto». Spesso è una scelta fatta in solitudine, soprattutto per la donna che magari avverte su di sé tutto il peso del possibile figlio, con gravi implicanze di impegno educativo, economico e di gestione quotidiana. Sempre è una scelta che lascia nella mamma e nel papà di quell’embrione, che aveva iniziato a diventare bambino, un senso inconscio di morte interiore e ferite profonde che riemergono anche dopo decenni.
Va poi considerata la responsabilità di chi ha collaborato a questo grave atto: famiglie d’origine, consiglieri fraudolenti, operatori sanitari. Il papa è stato chiaro: «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente» (Misericordia et misera 12). Per tutto questo, dando a ogni sacerdote la facoltà di assolvere, papa Francesco ha aumentato le cure o, come lui dice, «gli ospedali da campo», e di certo non ha diminuito la gravità di quell’atto.