Aborto e un cuore che batte

Sono una catechista che segue un gruppo di ragazzi di 13-14 anni. Provocata e indignata dalla superficialità delle loro considerazioni a favore dell’aborto, vorrei affrontare con loro questo tema così delicato! Volentieri passerei la palla a chi ne sa più di me, ma la sfida che mi hanno lanciato con sarcasmo, mi costringe a prendere forte posizione… Da dove cominciare?. Letizia Ècomune nei ragazzi un atteggiamento di contrapposizione e polemica verso i grandi, le convenzioni, l’autorità. Soprattutto quando si trovano in gruppo, arrivano a dire cose che magari non pensano effettivamente. Accolga la sfida, come ha deciso, ma senza muso duro, pregiudizi, prediche. O altre polemiche. Solo l’ascolto paziente e la coerenza coi valori che intende trasmettere farà breccia in loro: sarà la premessa per un dialogo costruttivo. Cerchi di conquistare innanzitutto la loro stima e amicizia, considerando non il gruppo nel suo insieme, ma ciascuno personalmente. Alzando il velo dell’apparenza verranno in luce tesori nascosti, parcheggiati in attesa di rispetto e fiducia: un pozzo di potenzialità, di voglia di vivere e donarsi. Un grande amore e rispetto per la vita. Una lettera a proposito dell’argomento che vorrebbe trattare racconta la sensibilità e l’impegno per gli altri di cui proprio i giovani sono capaci. Potrebbe servirle anche come spunto per la riflessione: Agli inizi di giugno – scrive Teresa – mi arriva una notizia inattesa: una mia amica aspetta un bimbo. Il fatto di aver ripreso gli studi dopo anni di lavoro in fabbrica, il frequentare solo da alcuni mesi l’attuale fidanzato ed ora la gravidanza, avevano reso la ragazza intraprendente e sicura che conoscevo in una giovane spaventatissima. Il dibattito sull’aborto, parlandone in compagnia, era capitato moltissime volte. E Simona era sempre stata decisa nel difendere la vita. Ma ora, non sentendosi pronta, aveva pensato di rifiutarla. Non riuscivo a digerire questa condanna a morte e soffrivo nel vedere questa mia amica così terrorizzata. Le settimane successive, ho cercato mille scuse per starle vicino, in maniera silenziosa e discreta. Ho provato ad accogliere tutte le sue paure, i suoi dubbi, i suoi sbalzi di umore. Inaspettatamente, mi ha chiesto di essere presente alla prima ecografia. L’emozione è stata fortissima, quando la ginecologa ha amplificato il battito cardiaco del bimbo: così veloce. Così forte. Che sembrava volesse urlare tutta la sua voglia di vivere. Uscite dalla stanza, ci siamo guardate negli occhi. Occhi lucidi. Il bimbo di appena 13 mm aveva già il cuore che batteva. Sentirlo, le aveva fatto capire di dover difendere quella vita.Anche a costo di cambiare i progetti e affrontare tante difficoltà. Al ritorno, in macchina, mi ha chiesto che fossi io a scegliere il nome del bimbo. Nascerà a marzo. E, come le ho suggerito, si chiamerà Filippo, sempre se sarà maschio…. Nella nostra società, l’amore per la vita non è svanito. Ma si afferma di non riconoscerla in quella minuscola particella (l’embrione), che ne è il seme. Con la legge che l’ha resa legale, l’interruzione volontaria di gravidanza è pretesa come un diritto della donna. Poco si racconta il diritto del bambino di vivere e la sofferenza con cui la mamma deve fare i conti, anche a distanza di anni, nel negarglielo. Perché, anche se l’esistenza e la morte del bambino non sono riconosciute da nessuno attorno a lei, il legame con lui è totalizzante. Spesso è una situazione di solitudine che spinge all’aborto. Che non lascia alternative. Invece l’affetto e il sostegno di familiari, amici, e della società porta speranza e fiducia nel futuro. E la libertà di scegliere quello che più risponde alla nostra intima natura.

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