Abiy Ahmed, un Nobel che fa sperare

Il massimo discernimento mondiale per la pace è stato assegnato venerdì 11 ottobre al primo ministro etiope per le riforme interne al Paese, certamente, ma soprattutto per le sue iniziative di riconciliazione in Eritrea, Sudan ed Egitto

L’Africa insignita del Premio Nobel per la pace. Non solo il premier etiope viene premiato, ma anche tutte quelle forze che nel continente nero stanno lavorando perché il grande sviluppo demografico, i progressi democratici e l’avanzamento economico abbiano un segno positivo. È stata premiata la sua visione panafricana, l’interesse perché la pace diventi stabile e conceda così spazi allo sviluppo economico. Così sono state sì premiate le sue riforme interne, già notevoli, quanto la sua concretezza nel maneggiare i vari dossier in campo: il riavvicinamento con l’Eritrea, in primo luogo, ma anche la sua opera di mediazione nella transizione che sta avvenendo dai suoi vicini sudanesi, oltre che nella questione poco conosciuta ma assai grave dello sfruttamento dell’acqua del Nilo da parte dei Paesi in cui il grande fiume passa, compreso l’altro grande vicino, l’Egitto.

Il primo ministro etiope ha affermato di essere «onorato e felice», mettendo in luce, appunto, il fatto che il premio «è stato assegnato all’Africa intera». Va notato come questo premio 2019 sia il secondo consecutivo per il continente africano, visto che l’anno scorso sono stati premiati ex-aequo il medico congolese Denis Mukwege e la yazide Nadia Murad.

Chi è Abiy Ahmed? È innanzitutto l’architetto della riconciliazione tra Etiopia ed Eritrea del 9 luglio 2018: dopo 20 anni di ostilità, in un contesto di continue controversie di confine, il premier etiope ha voluto stringere la mano e avviare un vero processo di pace col presidente-dittatore eritreo, mettendo da parte una sanguinosa guerra, durata dal 1998 al 2000, che aveva fatto 80 mila morti, un numero imprecisato di feriti e centinaia di migliaia di espatriati volontari dall’Eritrea, che così di frequente vediamo sui barchini e sui canotti che arrivano sulle coste italiane.

Il comitato norvegese ha sottolineato, nella motivazione, il ruolo del discusso presidente eritreo Isaias Afwerki: «La pace non viene dalle azioni di un singolo attore. Quando il primo ministro Abiy ha allungato la mano, il presidente Afwerki l’ha presa e ha aiutato a formalizzare il processo di pace tra i due Paesi», vi si legge. Ma non tutto è facile: 15 mesi più tardi, infatti, l’ottimismo iniziale è diminuito di molto. I confini sono stati infatti nuovamente chiusi senza un motivo ufficiale, il tracciato del confine non è stata ancora rinegoziato, i collegamenti aerei sono ancora in atto, ma con forti restrizioni. E tutto ciò perché il regime eritreo fatica a perdere i propri riflessi automatici da dittatura. Mentre, da parte etiope, per paura di un nuovo attacco delle forze armate eritree, la popolazione ha rifiutato di rimuovere le postazioni di artiglieria schierata al confine durante la guerra. La pace desiderata da Abiy Ahmed ha per il momento un forte sapore di incompiutezza. Ed è anche per questo, per favorire un processo di pace vera, che l’Accademia per il Nobel di Oslo ha voluto discernere il proprio riconoscimento al premier etiope.

Appena arrivato al potere nel marzo 2018, Abiy aveva rilasciato numerosi prigionieri politici considerandoli solo come dissidenti. Si era scusato pubblicamente per la violenza che poteva essere stata operata dalla polizia e in particolare aveva incoraggiato il ritorno dei membri dei gruppi dissidenti, e non più considerati “terroristi”, dall’esilio. Nel contempo il premier ha avviato una serie di riforme economiche e di protezione dell’ambiente che hanno il sapore della novità. Ha pure dovuto moderare dei malumori nella classe politica e militare etiope, perché il suo modo di fare certamente crea degli scontenti in un Paese ancora retto in gran parte da logiche tribali.

Come promemoria, val la pena di ricordare che almeno 301 personalità e organizzazioni erano in corsa quest’anno per il Premio Nobel per la pace. Oltre al riconoscimento internazionale e alla medaglia tanto famosa, il premio Nobel per la pace è dotato di 9 milioni di corone svedesi, cioè di circa 830 mila euro.

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