Abitare una nuova terra chiamata “casa”

Mostafa Lamarrafel ha 59 anni ed è originario di Beni Mellal, una città situata al centro del Marocco. 30 anni fa è atterrato in Europa con l’idea di migliorare la qualità della sua vita. Dopo essere passato da almeno 8 città, è arrivato a Villa Verucchio, in provincia di Rimini, dove ha trovato una realtà inclusiva e accogliente che gli ha permesso di inserirsi lavorativamente e socialmente nel suo secondo Paese.
«Nel 1992 – racconta Lamarrafel – mi è venuta in mente l’idea di andare all’estero per avere qualcosa di diverso. Vedevo che della mia generazione erano tutti emigrati e stavano lavorando. Ho pensato di andare in Spagna, ma per questioni di visto non è possibile andare dove uno vuole. Così, sono riuscito ad andare in Francia, però non mi è piaciuto e ho fatto in modo di arrivare in Italia».
Mostafa è partito dalla sua città natale verso Casablanca, a più di 220 km di distanza, in macchina; da lì ha preso un treno fino a Tangeri. Dopodiché è arrivato ad Algeciras col traghetto. Dalla Spagna ha viaggiato fino a Nizza, dove non è rimasto per molto tempo, e ha cercato qualcuno che lo portasse fino alla frontiera con l’Italia. «Ci vuole qualcuno che ti faccia passare, e se lo cerchi lo trovi. A pagamento», spiega. In questa maniera è arrivato ai paesini confinanti con la Francia. Giunto a Sanremo, ha preso un treno in direzione Bergamo, da dove si è recato a Milano. Poco dopo è ripartito verso Rimini.
Il viaggio gli è costato migliaia di dirham – la moneta marocchina, ma si ritiene fortunato. Dopo una settimana dal suo arrivo alla città romagnola ha trovato un’occupazione grazie ad alcuni parenti, che erano arrivati in Italia alcuni anni prima. Ha iniziato a lavorare come fattorino in un magazzino di frutta e verdura: «Giravo col camion, si vedeva che stavo lavorando perché ero sporco, quindi i poliziotti non mi fermavano tanto. Ho iniziato a fare soldi anch’io: 6.000 lire l’ora per 10 o 12 ore al giorno; li mandavo in Marocco, dove neanche un direttore di scuola veniva pagato così tanto. Ma non avendo i documenti non puoi rischiare, è meglio stare a lavoro che andare in giro; poi sei stanco per fare altro, non hai tempo da perdere».
Nel 1995 è riuscito ad avere i documenti e il permesso di soggiorno, e ha iniziato a lavorare regolarmente. Trascorsi 6 anni da quando si è messo in cammino verso l’Europa, è riuscito ad ottenere il ricongiungimento familiare, in modo che anche sua moglie e i loro due figli si sono trasferiti in Italia. Sforzo costante e sacrificio gli hanno permesso di comprare una casa nel 2005 e, finalmente, nel 2011, ha avuto la cittadinanza italiana. «Ora ho anche dei nipoti e mi trovo benissimo a Villa Verucchio», mi spiega con entusiasmo.
Mostafa fa parte di due associazioni culturali, quella islamica e quella degli amici del mondo. Grazie a queste realtà ha stabilito dei forti legami con persone di tutto il pianeta, con le quali è riuscito a sentirsi in famiglia: «Mi danno soddisfazione, sfogo, mi fanno sentire che sono una persona importante», afferma. Ogni anno, in questa frazione del comune di Verucchio si celebra la Festa dell’amicizia fra i popoli per un mondo unito, un evento di due giorni costituito dal Mundialito di calcio, che raduna squadre da differenti nazionalità per un pomeriggio di divertimento e convivialità, e la festa in piazza con gli stand gastronomici per assaggiare i piatti tipici di ogni Paese e le rappresentazioni folcloristiche tra musica e danza.
Lamarrafel è tra gli organizzatori della Festa, e assicura che la manifestazione culturale migliora e si arricchisce ogni volta di più. Inoltre, sottolinea come Villa Verucchio è un esempio per altri comuni vicini. In questo modo, l’esperienza si espande e comprende altri cittadini della Provincia. Iniziative come questa coinvolgono tutta la popolazione locale, generando rapporti fruttuosi tra chi è nato dentro e fuori l’Italia, e attivando un senso di comunità al di là, ma soprattutto attraverso, le proprie origini.
Per gli stranieri che adesso fanno parte integrante della società romagnola, questi spazi offrono la possibilità di fare rete con altri connazionali, mantenendo viva la loro lingua, cultura e tradizione delle quali spesso si avverte la mancanza. Per la comunità di accoglienza invece, entrare in relazione con persone di altri Paesi contribuisce a scacciare le paure e a sradicare i pregiudizi, permettendo di riconoscere in loro dei fratelli e sorelle con simili sogni, aspirazioni e fragilità.
L’arricchimento è reciproco e continuativo, in uno scambio che amplia le conoscenze e le visioni sul mondo, su se stessi e sugli altri, che consente e ricompensa il mettersi in discussione, ma principalmente che fa vivere sulla propria pelle il vero significato della fratellanza universale.