Abdulrazak Gurnah, nuovo Nobel per la letteratura
«Dedico questo riconoscimento all’Africa, agli africani e a tutti i miei lettori». Così ha scritto sui social, emozionato e giustamente orgoglioso, il vincitore del Premio Nobel per la letteratura 2021, il 73enne tanzaniano Abdulrazak Gurnah. Lo scrittore è stato scelto «per l’inflessibile e compassionevole comprensione degli effetti del colonialismo e della sorte dei rifugiati».
Un altro Nobel per la letteratura a sorpresa, che però parla di migrazione, accoglienza, crisi e ricerca della propria identità. Gurnah, docente di letteratura post-coloniale all’università del Kent, oggi in pensione, è nato nel 1948 a Zanzibar, quando questa non faceva ancora parte della Tanzania. A 20 anni l’autore fugge dall’isola di origine, dopo che una rivoluzione nel 1964 aveva portato alla persecuzione della sua comunità di etnia araba, arrivando nel Regno Unito. Di quel periodo l’autore racconta di essersi “lanciato a capofitto” nella scrittura, come modo di esplorare sia la perdita della propria patria sia la liberazione dall’esperienza della migrazione: un racconto fatto di lacrime e dolore, ma anche di sogni e speranze.
Gurnah, che è stato anche più volte ospite di convegni in Italia, ha scritto 10 romanzi, tra cui Memory of Departure, Pilgrims Way e Paradise, selezionati per il Booker Prize nel 1994, oltre a By the Sea e Il disertore. Molti di questi affrontano quella che l’autore chiama «una delle storie dei nostri tempi»: l’impatto profondo della migrazione sia su coloro che si sono allontanati non volontariamente dalle proprie radici sia sui luoghi che i migranti hanno eletto per necessità come propria nuova casa.
Al momento della premiazione, lo scrittore si trovava nella sua cucina. Così, semplicemente. Anders Olsson, presidente del Comitato Nobel per la Letteratura, lo ha definito «uno dei più illustri scrittori post-coloniali», aggiungendo anche che sia significativo il fatto che le radici di Gurnah siano a Zanzibar (patria anche di Freddy Mercury, il leader dei Queen), un luogo che “era cosmopolita molto prima” della globalizzazione. «Il suo lavoro ha fornito un’immagine vivida e precisissima di un’altra Africa che non è così conosciuta a molti lettori, di un’area costiera nei pressi dell’Oceano Indiano segnata dalla schiavitù e da varie forme di repressione sotto diversi regimi e potenze coloniali: portoghese, indiana, araba, tedesca e inglese», ha aggiunto Olsson. Inoltre, secondo il presidente del Comitato, i personaggi di Gurnah «si scoprono nel divario tra culture… tra la vita lasciata indietro e la vita che arriverà, affrontando il razzismo e i pregiudizi, ma anche obbligando sé stessi a silenziare la verità o a reinventarsi una biografia per evitare conflitti con la realtà».
La notizia è stata accolta con entusiasmo sia a Zanzibar sia nel Regno Unito. Sull’isola africana, dove lo scrittore non torna spesso, coloro che lo conoscono lo descrivono come un uomo modesto, dalla voce dolce. Mentre sul suo sito il British Council ha precisato che nel lavoro di Gurnah «l’identità è una materia in costante cambiamento» e che i suoi personaggi “destabilizzano” quei «pregiudizi che le persone incontrano negli ambienti dove migrano».
Lo scrittore, di madrelingua swahili, ma che scrive in lingua inglese, è il sesto di origine africana ad essere insignito del premio Nobel per la Letteratura. Lo hanno preceduto Wole Soyinka nel 1986, Naguib Mahfouz nel 1988, Nadine Gordimer nel 1991, J. M. Coetzee nel 2003 e Doris Lessing nel 2007.