Abbiamo voluto una chiesa comune
Don Salvatore e don Sepp. Difficile immaginare due persone così agli antipodi. L’uno, capelli brizzolati e corporatura robusta, è un italiano doc. L’altro, alto e sottile, più giovane, è un tedesco altrettanto doc. Ma, proprio a causa di questa loro diversità di lingua, mentalità, formazione ed età, sono stati inviati dal vescovo in una parrocchia che, per quanto non eccessivamente grande, dava tuttavia problemi a causa della coabitazione, è il caso di dire, forzata tra i due gruppi etnici di lingua italiana e tedesca. Ma li sapeva tutti e due sacerdoti focolarini, e per questo pensò di inviarli insieme in quella “missione speciale”. Il paese è Sinigo, nei pressi di Merano, ben noto alle cronache locali per il clima non proprio idilliaco che correva tra i suoi abitanti. A seguito della prima guerra mondiale, quando il Tirolo del Sud venne ceduto all’Italia, Sinigo sorse infatti come centro di insediamento della popolazione italiana. Intere famiglie vennero trasferite da varie località della penisola in quei territori. Con le conseguenze ed i disagi che si possono intuire: quelli di lingua italiana si consideravano quasi stranieri in terra ostile; mentre i tedeschi, feriti nella propria identità, ritenevano gli altri come invasori delle loro terre. Per far fronte alla situazione, che poteva esplodere da un momento all’altro, le amministrazioni provinciali hanno adottato una strategia tutto sommato “dell’apartheid”. Scuole separate e posti di svago esclusivi; nemmeno i luoghi di culto sfuggivano a questa organizzazione. Ogni gruppo aveva orari diversi per la partecipazione alla messa, celebrata e cantata, ovviamente, nelle due lingue. Non si vedeva mai un italiano partecipare alla messa tedesca, e viceversa. Sicché possiamo comprendere meglio lo stupore di Roberto, ora impegnato in quel movimentoparrocchiale che ormai a Sinigo è una realtà. Capitato per caso alla messa durante una festività particolarmente sentita, si è trovato in una chiesa stracolma, con fedeli che addirittura debordavano sulla piazza antistante. “Meravigliato – ricorda – cercai di capire il motivo di questa improvvisa affluenza, e mi accorsi che la metà di questi fedeli era composta da gente sud tirolese, che per la prima volta nella storia del paese assisteva ad una messa bilingue insieme agli italiani. Fu un tuffo al cuore Quando poi vidi scambiarsi il segno della pace, sussultai”. Volle rendersi conto di cosa era successo. Andò a trovare i due parroci. Scoprì che vivevano insieme. La loro vita semplice, in armonia, era una predica silenziosa. “Vedendo – prosegue – come si trattavano a vicenda, non potevo non dire: “Guarda come si amano”. Ho visto, e mi hanno convinto”. “In effetti, – interviene don Sepp – quando nel ’95 siamo arrivati a Sinigo, sapevamo benissimo le difficoltà cui andavamo incontro. Da dove incominciare, se non da noi, amandoci in modo da meritare la presenza di Gesù? Chi, se non lui, avrebbe potuto realizzare l’unità? Se era possibile tra noi, perché non tra tutti?”. Fu proprio così. Iniziarono ad avvicinare tutti, e a favorire occasioni di incontro tra i loro parrocchiani. Tra questi c’era, ad esempio, il capo della banda musicale tirolese, che da solo ha iniziato a fare concerti insieme al coro di lingua italiana, attirando poi alcuni amici. Anche il responsabile dei pompieri – una realtà molto sentita dell’etnia tedesca – è riuscito a superare una vecchia lite con il gruppo di lingua italiana, iniziando ad organizzare insieme le feste campestri. Parecchie persone, delle due etnie, hanno aderito agli ideali dei Focolari. “Esse fanno parte dei vari gruppi parrocchiali – spiega don Salvatore – e sono un fermento molto prezioso di amore e di unità. Diventa sempre più facile, direi logico, fare insieme funzioni liturgiche, gite o altre manifestazioni. In occasione del Giubileo, siamo andati insieme a Roma. Un parrucchiere, al ritorno, ci ha detto: “Io ogni giorno ho modo di incontrare molte persone. Dirò a tutti ciò che abbiamo vissuto: un vero pellegrinaggio dell’Anno Santo”. In questo spirito, e con questo nuovo atteggiamento, la comunità e la parrocchia, all’unanimità, hanno voluto la realizzazione di una chiesa comune. Le autorità politiche competenti hanno compreso il messaggio di una comunità matura, che vedeva nella realizzazione del nuovo edificio di culto un traguardo ed un obiettivo religioso e spirituale, ma anche sociale e civile. “Si è trattato – dice il vicesindaco di Sinigo Diego Cavagna – di un messaggio chiaro, esplicito, convincente, espressione di tutta la comunità. Per ciò l’amministrazione provinciale e comunale che rappresento hanno messo a disposizione i finanziamenti necessari”. I lavori della nuova chiesa sono ormai a buon punto. Un segno concreto del traguardo raggiunto.