Abbè Pierre: la storia continua
Quale è stato il segreto dell’Abbè Pierre? La sua figura dominava, la sua parola si faceva ascoltare. C’era chi commentava: «Ha una vera forza morale». Il discorso che fece a Radio Luxembourg l’11 febbraio 1954, provocò nei francesi la reazione divenuta celebre come “l’insurrezione della bontà”; un discorso efficace come quello non riescono a farlo in molti.
Essere riconosciuto per ben 17 volte – dal 1989 al 2003 – come il personaggio più amato dai francesi non è un dato banale. Il segreto era la sua “presenza”. Quella cosa indefinibile che è la presenza: si fa avanti una persona e con il solo portamento, con il solo tono della voce, con la sola luce dello sguardo, con la sua apparenza, la sua barba e il suo vestito, con l’energia che irradia ogni cellula del suo corpo… insomma, con la sua sola presenza, ti affascina.
Se il segreto dell’Abbè Pierre è stata la sua presenza, da dove essa traeva la sua forza? Credo da un fatto che è spesso trascurato quando si parla del grande uomo dedito ad azioni sociali: dalla sua vita interiore, mistica. Era questa intima fede, questo rapporto schietto con sé stesso e con il Cristo a spingere l’Abbé Pierre all’impegno pubblico. È da questa esperienza mistica interiore che scaturiva il suo carisma, la sua energia fuori dal comune. Del resto il cristianesimo, specialmente oggi, o è mistico o non è.
Quando 10 anni fa l’Abbè Pierre partì per “le grandi vacanze” – così chiamava lui la morte – l’arcivescovo di Lione Philippe Barbarin nell’omelia alla messa funebre, nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi, disse: «La preghiera, la conversazione quotidiana con Gesù era il segreto dell’intrepido dinamismo dell’Abbé Pierre […]. Non ci si può impegnare nel servizio ai poveri e affrontare ogni genere di miserie con un tale entusiasmo, e fino all’età di 94 anni, se non si va ad attingere a una forza che viene da altrove». Per tutta la vita l’Abbé è stato animato dall’intensa vita spirituale interiore, che lo porterà alla scelta spontanea della povertà – che consiste nel rifiuto di essere ricchi senza gli altri – per tirar fuori più gente possibile dalla miseria. Perché, tra scelta spontanea della povertà e miseria la differenza è abissale.
Ora che il cappuccino dalla barba da profeta sta facendo le “sue grande vacanze”, la storia della comunità di Emmaus da lui fondata continua. Comunità e gruppi sparsi nei quattro continenti portano avanti la sua opera: «La povertà volontaria è, anzitutto, volontà di “non avere di più per sé”, per poter servire di più, affinché tutti possiamo “essere di più”».