A Tblisi le pagnotte del dialogo

Chi è il povero in Europa? Ha forse il volto di Manzelka, Klaudia e Marek, slovacchi, che vivono in una stanza senza elettricità e acqua corrente. O quello di Hachick e Lucy, una famiglia turca che deve affrontare la drammatica situazione di un figlio di 26 anni malato di mente. Oppure le sembianze dell’anziana Nina e di sua figlia Svetlana, 43 anni, affetta da una grave forma di sclerosi che l’ha resa invalida. Vivono alla periferia di Novgorod. Aspetti di una povertà poco appariscente, in fondo dignitosa, ben noti ai 200 mila e più volontari che operano in Caritas Europa, attiva in 44 stati del vecchio continente. La sede centrale è a Bruxelles, usa 43 lingue e tre differenti alfabeti, e si estende dall’Atlantico agli Urali. Dal 1993 parla infatti anche georgiano, l’ultima nata delle Caritas europee. Si è insedata a Tblisi, la capitale, durante il periodo più difficile per il paese, alle prese con i 450 mila profughi prodotti dalle due guerre civili, prima con l’Ossezia e poi con l’Abhasia, subito dopo il crollo del regime sovietico. La Georgia è un piccolo paese di grande civiltà, che adottò il cristianesimo sin dal IV secolo. Conobbe varie età dell’oro (la Colchide, paese del mitico Vello d’oro di Giasone e degli Argonauti si trovava, appunto, nell’odierna Georgia) e secoli altrettanto bui, tra cui le invasioni dei mongoli e dei persiani. Con la Rivoluzione d’ottobre in Russia, ebbe un breve periodo di indipendenza, fondando una federazione transcaucasica con l’Armenia e l’Azerbaidjan, che venne però annientata dall’Armata rossa su ordine di Josif Stalin, il georgiano più famoso nella storia, che non fu tenero con i suoi connazionali. Seguirono settant’anni di regime sovietico, in cui furono annientate la cultura e la lingua georgiana. Poi lo sgretolamento dell’Urss di cui faceva parte, la guerra civile e la difficile ricostruzione. È in questo contesto che Caritas Georgia ha iniziato ad operare, in un paese di tradizione religiosa cristiana ortodossa, uscito da un lungo periodo di ateismo. Per dirigerla è giunto nel 1993 il salesiano Witold Szulczynski, un polacco di 48 anni, carico di inesauribile spirito di iniziativa. Ora, a distanza di dieci anni, non è facile fare un bilancio sia pure parziale dell’attività di Caritas Georgia. I quaranta progetti annui, anche se finalizzati alle prime necessità della gente, sono mossi tutti da una continua e dinamica formazione di personale locale, che diviene così responsabile e diretto imprenditore di piccole aziende. Da buon salesiano, padre Szulczynski, ci tiene molto a precisare questo aspetto di promozione umana e di riqualificazione professionale, reso possibile dal coinvolgimento di molte associazioni di volontariato. La prima urgenza presentatasi è stata naturalmente quella alimentare. Occorreva pane fresco, ogni giorno, per rifornire la mensa dei poveri e per i bambini che intanto iniziavamo a raccogliere dalla strada. Grazie all’associazione Shalom di Riva del Garda e all’associazione Italia-Georgia di Trento, promossa e presieduta da Bruno Fronza – un vero amico che è venuto più volte a trovarci in questi anni -, abbiamo potuto creare nella capitale un panificio, che dà lavoro a cinquanta persone, che vuol dire un reddito regolare per cinquanta famiglie del posto. Sono giunti dal Trentino macchinari e tecnologia per la panificazione, ed alcuni giovani georgiani sono stati in Italia per apprendere il mestiere. Il risultato? In tutta la città non si trovano torte buone come in quel panificio. Un altro panificio, sempre di marca Caritas, impiega trenta persone a Kutaisi, la seconda città del paese. È sempre da Trento che partono quattro o cinque volte l’anno alcuni container con attrezzature di vario genere e prodotti alimentari. E da Trento sono partiti sei autobus (forniti dal servizio pubblico della città), ora gestiti per conto della Caritas da una società locale, che consente il trasporto degli studenti e degli operai dalla periferia al centro, per raggiungere in orario i luoghi di lavoro e di studio. L’altra grossa emergenza è quella sanitaria. Nel paese caucasico, il crollo del sistema sovietico ha comportato, tra le prime conseguenze negative, la mancanza di assistenza sanitaria pubblica. Un mese di pensione media non giunge a pagare un’ecografia: prezzi impossibili soprattutto per gli anziani. La Caritas si è trovata dunque nella necessità di allestire cinque poliambulatori nei principali centri abitati. Nel poliambulatorio di Tblisi lavorano tre dottoresse, un’infermiera, due dentisti, un aiutante, un autista per le visite gratuite a domicilio di quegli anziani che non si possono spostare. Prosegue il direttore di Caritas Georgia: I medici hanno potuto seguire dei corsi di aggiornamento nelle strutture ospedaliere di Trento. I nostri dipendenti sono per la maggior parte ortodossi, a dimostrazione che in Georgia i cristiani possono lavorare e convivere pacificamente. Lo stesso patriarca, Elia II, ricevendo qualche mese fa una delegazione americana, ha riconosciuto che noi aiutiamo le persone indipendentemente dalla loro fede religiosa. L’impegno della Caritas a favore dei poveri diventa così anche occasione di fraternità e di dialogo. PPUNTAMENTI A ROMA Nella capitale si svolgeranno prossimamente due appuntamenti (3-4 e 7-12 luglio) rispettivamente di Caritas Europa e di Caritas Internazionale, per parlare di politiche sociali, immigrazione, cooperazione internazionale. Ma soprattutto di come globalizzare la solidarietà. Si tratta innanzitutto della conferenza regionale di Caritas Europa, vedrà riuniti 85 rappresentanti di 44 paesi del continente (Unione Europea e paesi non membri). Si tracceranno le linee guida del lavoro prossimo venturo. La riflessione proseguirà ed assumerà una dimensione mondiale con l’assemblea generale di Caritas Internazionale, presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. Oltre 400 i delegati, provenienti da 154 paesi.

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