A somiglianza di Dio
Il duplice amore – divino e umano – si fonde in un unico amore.
L’amare Dio con tutto il cuore e la mente è il primo comandamento. Il secondo è ad esso simile: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Se non si può sensibilmente contemplare – e servire – Dio, si possono contemplare – e amare – i fratelli, immagine e somiglianza di Dio, e suoi figli, nei quali l’uomo ama concretamente il Padre, la divinità in persona dell’umanità. Per questo il duplice amore – divino e umano – si fonde in un unico amore, come divinità e umanità in Cristo si fondono in una sola persona. La relazione tra Dio e i fratelli è siffatta che tutto quanto si compia o si dica a favore o contro il prossimo è come fatto o detto a favore o contro Dio.
Trattando con gli uomini, insomma, si tratta con Dio. Quella che pareva una relazione impossibile – d’una minuscola creatura con l’infinito Creatore – diventa la relazione più facile. Il legame tra i due precetti si percepisce considerando che l’amore è effusione della divinità: è spirito di Dio. Esso mette l’anima davanti a qualunque creatura in uno stato di venerazione, come davanti a un figlio dell’Onnipotente. Si ama il fratello o la sorella, per amare Dio; si serve il prossimo come occasione privilegiata per far piacere all’Eterno. E poiché tutta la giornata, per lo più, si ha a che fare con creature umane, per mezzo di esse si ha a che fare di continuo con Dio: e tutta l’esistenza diventa una liturgia. Difatti, in origine, la parola liturgia significava servizio alla comunità. Se, amando il fratello, io amo Dio, e così tendo a unirmi con Dio (amare è farsi uno), reciprocamente Dio ama me e tende a unirsi con me.
È sempre lo Spirito Santo che passa attraverso il fratello. Dio, io, il fratello, compongono la trinità che l’amore unifica. Unifica in Dio. L’amore soprannaturale include perciò lo stesso amore umano. La stessa attrazione sessuale, contemplata nel disegno del Creatore, serve per suscitare l’amore prescritto dalla legge divina. E chi ama il Cristo mette la creatura amata sul livello più alto. Visto così, il fratello ci appare uno strumento dato per salvarci. Il bene o il male si fa sempre per mezzo del prossimo, insegna santa Caterina. E cioè, il nostro destino eterno è allestito dalle nostre stesse mani, secondo il modo onde noi trattiamo il prossimo. Ci salviamo per mezzo del fratello; ma anche ci danniamo, per causa di lui, se non lo amiamo.
(Da: L’unico amore, Città Nuova, 1974)