A scuola dal letto di ospedale
Continuare a essere a scuola anche da un letto di ospedale. Sono 150 i piccoli pazienti cuneesi ricoverati al Santa Croce e Carle, il grande ospedale di Cuneo, che hanno potuto partecipare a un progetto sperimentale rivolto ai bambini ricoverati, pensato per permettere loro di essere ancora “virtualmente” in classe con i compagni. E con loro, altri quattrocento compagni di altre nove scuole ospedaliere del territorio piemontese: l’ospedale Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, il Cardinal Massaia di Asti, l’ospedale di Biella, l’ospedale Maggiore di Novara, il Regina Margherita di Torino, uno dei più grandi ospedali d’Europa specializzato nella pediatria, il Sant’Andrea di Vercelli, il Castelli di Verbania e il San Giuseppe di Piancavallo.
Tutto grazie a una lavagna elettronica a grandezza naturale collocata nella classe di provenienza e una in formato ridotto (quanto lo schermo di un portatile) a disposizione del bambino ricoverato. In questo modo la tecnologia permette ai piccoli pazienti di essere virtualmente a scuola con i propri compagni, non solo vedendoli e parlando con loro, ma anche seguendo in diretta le lezioni, facendo online i compiti e le interrogazioni.
Un progetto pilota importante, perché risolve una questione complessa per i piccoli pazienti, per i quali la scuola è un ambiente di vita fondamentale. Il Piemonte è la prima regione italiana ad aver lanciato un simile progetto sperimentale: si chiama “Retelim” ed è nato nel 2009 da un’idea pensata inizialmente per le scuole di montagna ed estesa poi al mondo ospedaliero, con un investimento di 300 mila euro da parte della regione, supportata dal Politecnico di Torino e da 10 scuole ospedaliere della regione, tra cui spicca il Santa Croce e Carle. Sui 200 piccoli pazienti ricoverati nell’ospedale cuneese, ben 150 stanno usufruendo di questa innovativa sperimentazione, con ottimi risultati.
«Ogni anno, in Piemonte, circa 2700 bambini frequentano le scuole ospedaliere e oltre 500 sono stati coinvolti nella nostra sperimentazione – commenta l’assessore regionale all’Istruzione Alberto Cirio –. Giovanissimi pazienti dai 6 ai 16 anni, colpiti da patologie diverse, prevalentemente oncologiche e neuropsichiatriche, ai quali, attraverso il progetto, abbiamo cercato di garantire non solo il diritto-dovere all’istruzione, ma soprattutto il rapporto con i propri compagni e gli insegnanti, perché la scuola rappresenta una fetta importantissima della vita di ogni bambino. La tecnologia non può annullare la distanza, ma ci aiuta ad accorciarla, con la speranza che anche questo possa aiutarli ad affrontare le terapie».