A Roma omaggio a Nureyev, mito della danza

Domenica 28 luglio, nella cavea del Parco della Musica di Roma, un evento dedicato al celebre ballerino russo. Artisti da varie parti del mondo gli rendono omaggio eseguendo alcune delle sue intempretazioni più famose
Rudul Nureyevs

Sono trascorsi vent'anni dalla sua scomparsa. Parliamo del celebre ballerino russo che, con tutte le sue contraddizioni, ha segnato la storia della danza. A ricordarlo, stasera 28 luglio, nella cavea del Parco della Musica di Roma, un prestigioso evento ideato e realizzato da Daniele Cipriani con la consulenza della giornalista e critico Valeria Crippa.  

Sarà un viaggio antologico attraverso i balletti più significativi della carriera dell'artista, con étoile e primi ballerini provenienti da alcuni dei più celebri Teatri del mondo, che interpreteranno alcuni balletti creati appositamente per Nureyev Ne elenchiamo alcuni che raccontano la parabola artistica del ballerino come "Chant du compagnon errant "di Maurice Béjart, "Don Juan" di John Neumeier, "Lucifer" di Martha Graham, insieme ad altri classici di repertorio dal "Corsaro" alla "Bella addormentata", da "La Bayadère" a "Spectre de la rose", o quelli di cui è stato coreografo, come "Don Chisciotte" e "Il lago dei cigni". Ad arricchire la scena saranno le proiezioni multimediali dei video-artisti Ginevra Napoleoni e Massimiliano Siccardi.

Il programma della sua vita è tutto racchiuso nella nota dichiarazione: “La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei "quando finirò di vivere”.

La storia Nureyev nacque in viaggio su un treno, nei pressi di Irkutsk, una regione del lago Baikal, direzione Vladivostok dove la madre era diretta per raggiungere il marito, commissario politico dell’Armata Rossa. Il ballerino di origine tartara crebbe così in un villaggio della steppa nei pressi di Ufa in Baschiria. Qui, all’età di undici anni, inizia a prendere lezioni di danza da un'anziana insegnante, una certa Udeltsova, che aveva fatto parte dei leggendari Ballets Russes di Sergej Diaghilev. E poi – altro tassello di una non comune biografia – la sua eclatante fuga in Occidente per sfuggire al regime sovietico, quando, quel 21 giugno del 1961, all’aeroporto parigino di Le Bourget, abbandonò l’aereo che doveva rientrare in Russia dopo una tournée europea con la prestigiosa compagnia del Kirov di Leningrado.

La fuga e la fama Il suo nome, da allora, fu conosciuto da un pubblico più vasto non strettamente interessato alla danza. Non rivedrà più la sua patria fino al 1989, anno in cui poté rientrarvi grazie ad un invito di Mikhail Gorbaciov per visitare la madre ormai agonizzante alla quale rimase sempre legato. Divo per vocazione, dotato di quella naturale immedesimazione che rendeva il ballerino anche un grande attore capace di coinvolgere il pubblico e trascinarlo nel vortice delle storie raccontate, con lui s’è imposta sulla scena coreutica una figura d’interprete più umana e veritiera, che portò a rivoluzionare l’importanza del ruolo maschile facendo del ballerino una figura predominante.

L'innovatore Diede nuova linfa ai classici del repertorio in un perfetto equilibrio tra modernità e tradizione, interpretandoli da par suo, e aprendo alla danza moderna alla quale si applicò con caparbietà e intelligenza, abbattendo così il confine tra i due linguaggi. Il suo stile di vita votato all’accesso lo portò a contrarre il virus dell’Aids, causa della sua morte prematura all’età di 54 anni. «Si diventa un mito – diceva Nureyev – quando nessuno è in grado di conquistare il cuore del pubblico dopo che tu te ne sei andato». E un mito egli rimane ancora oggi. Perché, come scrisse ancora, «chi vola alto vola solo».

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