A Roma la Filarmonica della Scala

Un eccellente Temirkanov, l’inossidabile russo dalla chioma bianca e dal gesto suadente, dirige la Filarmonica al Santa Cecilia della capitale
musica classica

Molto attesa, la gloriosa formazione, fondata da Claudio Abbado nel 1982 con gli strumentisti dell’orchestra scaligera, avrebbe dovuto essere diretta da Chung, assente per motivi di salute. L’ha sostituito l’infaticabile ed eccellente Temirkanov, l’inossidabile russo dalla chioma bianca e dal gesto suadente, gran maestro della direzione e affezionato al pubblico di Santa Cecilia in Roma, dove la Filarmonica è scesa da Milano.

Programma popolare: la Sinfonia dal Barbiere rossiniano, la Sinfonia Italiana di Mendelsshon, la Quarta di Ciaikowski.

Rossini è sceso leggero leggero, guizzante ma non troppo, suonato con grande professionalità e un pizzico di verve, che con l’illustre Gioacchino è ultranecessaria, pena fare del male alla sua musica così piena di vita.

Quanto al Mendelssohn, il suo ritmo, la solarità, la freschezza di questa sinfonia, nata dopo un lungo soggiorno italiano e resa così evidente e godibile da una orchestrazione armoniosa, chiarissima e viva, sono ormai così note che è sempre una grande gioia risentirla. Il romanticismo di Felix è felice, ottimista. Il complesso scaligero in verità qui è sembrato piuttosto scuro, ombroso, nonostante gli sforzi direttoriali, in una parola di scarsa passione. C’era poca luce, e la sala l’ha avvertito.

Meno male che c’è stato poco dopo Ciaikoski. Le introversioni psicologiche della Quarta Sinfonia, la sua lotta contro il destino avverso, il diario insomma di un uomo tormentato, sono emerse da un suono fattosi più caldo, si direbbe angoscioso in qualche momento, ben guidato dalla bacchetta – che in verità non usa – formidabile di Temirkanov, così capace di estrarre da Piotr Ilic i suoni interiori più profondi.

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