A proposito di Vallanzasca
Kim Rossi Stuart interpreta superbamente un personaggio quanto mai discutibile. L’esaltazione del male giova davvero ad una società debole come la nostra?
Già visto al Festival di Venezia, approderà il 21 sugli schermi di tutta Italia il nuovo film Vallanzasca – Gli angeli del male, diretto da Michele Placido, dedicato al celebre bandito. Polemiche ci sono state a settembre ed altre fioriranno nelle prossime settimane. Legittime?
Kim Rossi Stuart, abituato ad essere sullo schermo un personaggio estremo – come egli stesso ha affermato – ha prestato corpo e carattere al bandito, con una interpretazione, occorre dirlo, all’altezza. Ne esce il ritratto di un uomo che non è il male assoluto, ma un miscuglio di bene e male. A questo si aggiunge una cattiveria e una freddezza nel disprezzo della vita altrui, notevole. Vallanzasca è determinato a seguire la sua strada e nulla, né amore né amicizia lo fermano. È forse questo il dato moralmente discutibile dell’uomo e che fa riflettere se valga davvero la pena portare così spesso sullo schermo – Placido l’ha già fatto con Romanzo criminale – personaggi tanto temerari ed oscuri. Certo, Rossi Stuart ha passato del tempo a conversare col vero Vallanzasca per “entrare” nel personaggio e ha vissuto del tempo a Milano, la città del bandito, per impregnarsene l’anima. Ma questo è il mestiere di un attore serio, come lo è il Kim nazionale.
La domanda che ci si pone, tuttavia, resta. Basta saper girare un film tecnicamente valido, interpretato da un cast convincente (Francesco Scianna, Filippo Timi, Valeria Solarino) per presentare al pubblico, ai giovani un personaggio oscuro, ma così idealizzato al punto da diventare di fatto un modello di vita?
Si dirà che il cinema americano fa lo stesso. Soltanto, che i film sull’argomento made in Usa hanno uno spessore contenutistico e un tono etico che manca al nostro cinema attuale del genere. I dubbi perciò rimangono. Lo si ammetta o no, l’esaltazione del male non giova a nessuna realtà sociale, specie debole, come la nostra. Il cinema dovrebbe talvolta prendersi delle responsabilità.