A proposito di liberalizzazioni

Una minoranza occupa delle posizioni economiche e sociali in vario modo privilegiate. E siccome sa di essere protetta, tende ad alzare i prezzi, a ridurre la qualità dei servizi che deve rendere e a resistere alle innovazioni.

Una minoranza occupa delle posizioni economiche e sociali in vario modo privilegiate. E siccome sa di essere protetta, tende ad alzare i prezzi, a ridurre la qualità dei servizi che deve rendere e a resistere alle innovazioni. Nel frattempo tanti altri, spesso più capaci e competenti, vengono lasciati fuori della porta. Ben vengano quindi un po’ di “liberalizzazioni” che riducano quei privilegi, diano opportunità agli esclusi e migliorino la combinazione prezzo/qualità offerta agli utenti.

Avanti, allora, a spada tratta? Direi, piuttosto, avanti con discernimento. La competizione è un meccanismo sociale imprescindibile. Ma ogni medico sa che un farmaco in dosi eccessive può diventare un veleno. La vita degli esseri umani, e ancor più quella delle famiglie, ha bisogno di un ragionevole equilibrio nei tempi di vita e di un minimo di stabilità.

 

La rigida regolamentazione degli orari dei negozi non nasceva, ad esempio, dal caso o dall’arbitrio, ma costituiva una tregua in una competizione che inchiodava le vite dei negozianti al banco della bottega. E la regolamentazione delle licenze garantiva che l’investimento di qualcuno oggi non fosse vanificato domani dall’apertura – magari incauta – di troppe attività similari.

 

Naturalmente questa è solo una parte della storia. Perché ci sono le esigenze dei clienti e anche quelle delle nuove classi sociali, che possono farsi spazio solo se li si lascia competere. Inoltre le botteghe di quartiere possono essere sostituite (ma solo in parte) dai centri commerciali. Ma di competizione perfetta si muore. C’è un’interessante analogia nel mondo fisico: gli attriti rallentano i movimenti dei veicoli e assorbono grandi quantità di energia, ma in un mondo in cui fossimo riusciti a eliminare tutte queste “imperfezioni” sarebbe impossibile vivere, perché senza attriti non si potrebbe né camminare, né digerire.

 

Governo e Parlamento vadano avanti a sfrondare privilegi, perché ce ne sono ancora davvero tanti, ma stiano attenti a non sposare un’idea di organizzazione economica in astratto perfetta, ma in realtà invivibile per gli esseri umani.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons