A proposito di fondamentalismo islamico
Al Cipax si parla di movimenti radicali islamisti, che potrebbero trarre vantaggio dai recenti sommovimenti politici in tanti Paesi arabi
Se non è la prima cosa di cui si parla in questi giorni in Italia, sarà la seconda o terza. Il rischio dell’ascesa al potere delle realtà “islamiste fondamentaliste”. Gran parte del pubblico italiano segue gli eventi in Egitto, in primis, e poi negli altri Paesi arabi con la preoccupazione che queste manifestazioni di popolo finiscano per dare più visibilità e potere a una realtà in parte ignorata e sicuramente temuta: quella delle organizzazioni e dei movimenti politici radicali.
Molti, ma non tutti, scoprono solo oggi che l’Egitto è patria di quei Fratelli musulmani di cui ogni tanto si sente parlare e che hanno una base non indifferente di sostegno popolare ma difficile da quantificare: le stime possono variare fra il 20 e il 60 per cento. Altri ascoltano con attenzione le parole di Rachid Ghannouchi, capo del partito tunisino di ispirazione islamica Ennahda in esilio da più di vent’anni e che è rientrato pochi giorni fa a Tunisi annunciando che non intende candidarsi e che vuole contribuire alla nascita di una nuova “era della democrazia” in Tunisia.
L’immagine che viene spesso rievocata in questi giorni, parlando di “fondamentalismo islamico” risale a più di trent’anni fa: le proteste in Iran, il rientro dell’ayatollah Khomenei e l’istituzione della Repubblica islamica d’Iran. «L’Egitto e il resto del Nord Africa potrebbero seguire la stessa strada?», si chiedono in tanti, a cominciare dall’editorialista del Corriere della Sera Panebianco. «Si sente parlare troppo e a sproposito del rischio del fondamentalismo – commenta Luciana Borsatti, giornalista Ansa, durante un incontro dal titolo “Nordafrica in fiamme” organizzato dal Cipax a Roma –. In piazza nei giorni scorsi vedevo tutto fuorché islamisti. Sono stati colti di sorpresa anche loro da questa rivolta».
Borsatti, tornata da poco dalla Tunisia, racconta la volontà di un popolo di lottare per la propria dignità e di collaborare alla creazione di un governo di transizione nel quale tutte le realtà, anche quelle di ispirazione religiosa, siano rappresentate. Raccontando il rientro all’aeroporto di Rachid Ghannouchi, Borsatti ricorda come ad attendere il leader ci fossero anche delle donne. «Quelle donne erano lì per ricordare a Ghannouchi che non accetteranno di vedersi togliere i loro diritti».
Adnane Mokrani, professore e teologo musulmano commenta: «Sia Ben Ali che Mubarak si sono venduti come protettori dell’Occidente contro un falso fantasma. Il fondamentalismo è in verità il frutto e l’altra faccia della dittatura. L’Occidente purtroppo sta seguendo una politica controproducente: se si vogliono appoggiare le vere forze della democrazia bisogna ricostruire la società civile».
Non per tutti però l’islamismo è un falso fantasma. Dall’Egitto Shahira Amin, vicedirettore di “Nile Tv English” parla in termini diversi della presenza dei sostenitori dei partiti a base islamica: «Credo che l’Occidente abbia il diritto di essere preoccupato, tutti noi laici lo siamo. La presenza degli islamisti non è stata minima nelle proteste di questi giorni. Ero in piazza Tahrir e direi che gli islamisti erano più di un terzo dei protestanti e quelli meglio organizzati. In questi giorni però sono stati insieme a tutto il resto della popolazione a chiedere a Mubarak di andarsene e non hanno lanciato slogan religiosi».
Una nota, infine: in realtà la parola “fondamentalismo” è difficile da maneggiare, essendo stata inventata negli Usa per definire certe correnti cristiane legate alla galassia evangelica, e il richiamarsi ai “fondamenti” di una religione non è di per sé un fattore negativo. Ma l’uso della parola è invalsa oramai nell’opinione pubblica, e quindi nell’usarlo andrebbe mantenuta una certa cautela.