A proposito di Davis
I fratelli Coen non sbagliano un colpo. Ora raccontano la storia del cantante folk antesignano di Bob Dylan (che fa una rapida comparsa), Llewyn Davis, che nell’inverno durissimo del 1961 a New York condensa in una settimana tutta la sua vita. Sogni, frustrazioni, amarezze, rapporti incompleti, insoddisfazioni e ansie di successo, in un viaggio avventuroso fino all’onirico verso un surreale Chicago Club.
Una storia di vita, non solo la cronaca di un artista morto troppo giovane, una metafora stringente calata nel realismo, dalla recitazione superlativa di Carey Mulligan e dell’intero cast, filmata dai Coen con un'asciuttezza, un rigore, un umorismo nero molto ebraico – magiche le sequenze col gatto che è una sorta di alter ego di Davis –, una commozione a denti stretti e tanta bellissima musica. Da non perdere, anche per capire come si fa un film d’autore, cosa che di questi tempi è oltremodo necessaria.
E da non perdere è pure All is lost (Tutto è perduto), diretto e interpretato dal solo Robert Redford, che alla sua età non teme né di mostrare le rughe della vecchiaia – che lo rendono affascinante perché vero –, né di girare scene pericolose nel viaggio solitario del suo yacht attraverso l’Oceano. L’imbarcazione è rotta, il navigatore resta solo a lottare contro la natura e il tempo, puntando ad avvistare qualche nave di passaggio. Redford vive più che parlare, pensa, soffre e lotta con tutto sé stesso in momenti indimenticabili di vero cinema da parte di un attore e regista aperto sempre a nuove sfide, umane e cinematografiche. Guarda il trailer di All is lost
Per rilassarsi, per chi ha l’anima di ragazzo, ecco Robocop, dove un poliziotto in gamba, ferito, viene rianimato e trasformato in macchina umana, ahimé per i nemici, pensante. Effetti speciali a iosa, fantascienza molto americana e tanto tanto movimento. Favola horror sanguinolenta è invece la rivisitazione del racconto dei fratelli Grimm Hansel e Gretel e la strega della Foresta nera. Per palati forti o amanti del genere.
L’Italia questa volta sforna un film diverso, e non è male. Si tratta di Smetto quando voglio, regia di Sydney Sibilia con Edoardo Leo, Valeria Solarino, Pietro Sermonti, Neri Marcorè, Lorenzo Lavia. Commedia puntuta e per nulla irreale dei laureati che, a spasso con i loro talenti inutilizzati, senza lavoro perché non raccomandati da nessuna parte, usano i loro studi e diventano una banda di spacciatori di una droga “legittima”, facendo soldi a palate. Il gioco però non dura all’infinito… ma si deve pur vivere! Brillante, recitata benissimo da Edoardo Leo e amici – un po’ giù di tono però Marcorè – la commedia è salace e dice la verità sui giovani talenti nostrani che non sanno più che inventarsi per vivere. Perfetta la Solarino nel ritratto della concretezza al femminile e ben chiaro lo sguardo del regista sul Belpaese, sempre meno bello nei comportamenti umani.