A proposito di Contaminazioni

Dialogando con Elisa Montesi, Cristina Villosio e Marco Titli, tra gli organizzatori dell’incontro indirizzato ai giovani di ogni disciplina professionale, che avrà luogo il 5 e 6 gennaio 2024 a Roma.
Da sinistra, Elisa Montesi, Cristina Villosio e Marco Titli

Elisa ha 23 anni e studia Lingue e culture del Medio Oriente e dell’Africa, Cristina ha 29 anni ed è una giovane medica, Marco ha 37 anni ed è professionalmente impegnato in politica. Tutti e tre fanno parte del Movimento dei Focolari e cercano di vivere il carisma dell’unità in dialogo con la cultura contemporanea. 

Qual è l’obiettivo di questo incontro?
(Elisa) Il dialogo aperto tra di noi e con la varietà di discipline e pensieri che si incontrano e uniscono in questo gruppo. 

(Marco) La spiritualità del Movimento dei Focolari ha coinvolto persone che nella vita lavorativa e di studio si occupano di tante discipline professionali. Sono nate reti di esperti e dialoghi con persone anche al di fuori del Movimento… Finora abbiamo ragionato come se ciascuna di queste reti (in gergo le chiamiamo “inondazioni”) fosse un pezzo a sé stante, ma è mancata forse l’idea di insieme, in particolare nel valorizzare i talenti dei più giovani. 

Perché è importante approfondire questo ambito?
(Elisa) È importante crescere insieme, giovani e adulti, per affrontare la complessità del mondo di oggi con uno sguardo aperto, che sappia davvero accogliere anche i pensieri meno affini per imparare a stare nelle contraddizioni, a viverle senza pretendere di risolverle o dare subito risposte. 

(Marco) Ci incontriamo in un contesto di trasformazione: digitale, climatica, demografica… Il mondo è in gran fermento e, se non ci attrezziamo, rischiamo di essere un po’ travolti. Il Movimento dei Focolari con il carisma di Chiara Lubich può offrire delle piste di riflessione, perché abbiamo avuto la fortuna di ragionare sempre in chiave globale. 

Quali sono i dubbi che emergono nel confronto con altri giovani?
(Cristina) Credo che prevalga a volte un senso di smarrimento di fronte a una società sempre più complessa, in cui le sfide che la realtà ci pone davanti sono spesso viste più come ostacoli da superare che opportunità da provare a cogliere. 

(Elisa) Sicuramente abbiamo molti dubbi sul futuro, ma il dubbio più grande è che, per quanto noi ci impegniamo veramente per contribuire al bene comune, all’innovazione e alle problematiche di oggi, alla fine non veniamo ancora considerati, ascoltati o aiutati sinceramente. 

(Marco) I dubbi riguardano la conciliazione della propria attività professionale con quelle familiari o sociali. Noi vorremmo mostrare in questo weekend come il tempo dedicato a queste attività esterne non è tempo sprecato o tolto alla dimensione personale, è un tutt’uno. Si può crescere come persona se c’è un equilibrio tra il tempo dedicato alla propria famiglia, i propri affetti, e il tempo dedicato all’esterno. Vorremmo che venisse fuori il concetto di comunità, non come comunità chiuse, ma aperte e accoglienti. Infatti, le inondazioni sono un’occasione unica per un ragazzo o una ragazza, perché significa uscire dalla propria realtà ed entrare in un network a livello globale. 

Quali sono le motivazioni comuni che avete individuato?
(Elisa) Siamo certi, grazie all’esperienza che viviamo in questo gruppo, che è possibile camminare insieme, e da questo confronto instaurare relazioni che ci aiutano a vivere in questo mondo caotico portando speranza. 

(Marco) Vorremmo dare un bello spazio alla cultura contemporanea e creare un processo che duri nel tempo, in dialogo con persone dentro e fuori il Movimento. 

Quale cammino si può offrire ai giovani perché possano trovare la propria strada professionale?
(Elisa) L’ascolto. Certo, è utile consigliare percorsi o formazioni, però la prima cosa di cui abbiamo bisogno è l’ascolto e il camminarci accanto; raccontare, stare con i giovani cercando di capire i dubbi e le incertezze che hanno, senza pensare di poter o voler rispondere. 

(Cristina) Credo che i problemi maggiori provengano dalla precarietà del lavoro stesso, dall’ambiente lavorativo, dalla difficoltà a realizzarsi come persone all’interno di esso… tutti aspetti che in fondo hanno a che fare con la parte più esistenziale di ognuno di noi. Per questo, ciò che ritengo che sia più utile fare è limitarsi ad “accompagnare”. Se cerchiamo sul vocabolario questa parola, troviamo scritto: “Seguire una persona, andare con essa come compagno per affetto, onore, protezione”. Il saper camminare accanto avendosi reciprocamente a cuore, senza avere la pretesa di dare insegnamenti prima di essersi posti in ascolto di un mondo che per età e aspetti socioculturali non sempre si conosce e si comprende appieno. 

(Marco) Può nascere dalla curiosità, dal mettersi in gioco, dal partecipare a eventi come questo in cui il progetto si costruisce insieme. Viviamo in un’epoca straordinaria, dove i cambiamenti avverranno. La propria vocazione si trova solo se si è in grado di guardare un po’ più in là e chiedersi: io cosa posso fare per cambiare il mondo? 

«È importante crescere insieme, giovani e adulti, saper accogliere anche i pensieri meno affini per imparare a stare nelle contraddizioni».

Come possono i giovani essere di aiuto per altri coetanei nelle stesse condizioni?
(Elisa) Tra giovani ci si può prendere cura gli uni degli altri, poi se si conoscono persone o percorsi che aiutano, si condividono e ci si aiuta anche di più! L’importante è essere creativi, perché potrebbero nascere eventi o iniziative molto forti fatte dai giovani per gli altri giovani, come “Live Your Doubts” che nella sua seconda edizione quest’anno a Cuneo ha affrontato proprio il tema di “giovani e lavoro”. 

(Marco) Possono incoraggiare, cercare di sbloccare situazioni, aiutarsi a superare gli esami, stare più insieme, e superare quell’idea che c’è di competizione che spesso non fa vedere che ogni lavoro ha una sua dimensione e una sua bellezza. 

Quali risposte servirebbero a livello sociale, politico ed economico perché i giovani e i loro talenti vengano valorizzati e presi in considerazione?
(Elisa) Bisogna investire nella formazione, nell’imprenditorialità giovanile, nella partecipazione giovanile in politica, nella sensibilizzazione e tante altre cose, ed è difficile perché ciò richiede la collaborazione tra governi, istituzioni, imprese e tutta la società; quindi, forse bisogna lavorare molto di più in questo. 

(Marco) Oltre all’istruzione servirebbe un investimento sull’ambito urbano affinché sia rigenerato lo spazio pubblico: creare dei luoghi di comunità, delle piazze nelle città, significa mettere in contatto le persone. Questa mescolanza crea idee nuove, spazi più attraenti per i giovani. Aiuta ad abituarsi alle esigenze diverse. 

(Cristina) Difficile capire quali potrebbero essere le risposte che la società dovrebbe dare, mi piace di più partire dalle domande, scoprire, coltivarle insieme tra generazioni. 

Cosa avete in programma?
(Elisa) Il 5 e 6 gennaio si svolgeranno a Roma due giornate in cui ripartire dalle relazioni, dalle domande e dall’ascolto per poter tornare nei nostri luoghi certi che non finisce tutto con il caos che vediamo intorno a noi, ma che un mondo a misura d’uomo è possibile. Il programma prevede tanto dialogo e scambio intergenerazionale, proprio per cominciare a seminare queste relazioni generative che servono nella società di oggi. Il focus sono le relazioni e questi due giorni sono utili per chi ha tante domande, voglia di ascoltare o bisogno di essere ascoltato. Inviteremo anche degli ospiti, ma non come esperti pieni di risposte: saranno con noi come veri compagni di viaggio. 

(Marco) Il fine è duplice: vorremmo dare la possibilità a tanti giovani di capire che il proprio talento è utile e insieme, attraverso le “inondazioni”, possono farlo fiorire. La seconda cosa è cercare di formare una nuova classe dirigente in Italia, potrebbero nascere nuove leadership nel nostro Paese non solo in ambito politico. 

(Cristina) Credo possa essere un’occasione originale, con una grande ambizione: imparare a stare insieme in maniera intergenerazionale, nella complessità della realtà. Provare a realizzare tutto ciò non è scontato, potremmo anche fallire, ma è ciò che di più utile e bello possiamo fare per prenderci cura gli uni degli altri, della società. 

Chi può aderire a queste reti e come si fa?
(Elisa) Chiunque abbia voglia di ampliare il proprio sguardo partendo da una disciplina specifica. L’importante è puntare alto nei valori, nelle relazioni e nel confronto di qualità. Per far parte di un gruppo di un’inondazione basta contattare i referenti di ognuna e iniziare a partecipare agli incontri ed eventi, senza il bisogno di essere già laureati o pieni di esperienza. 

(Marco) In particolare i giovani appassionati, e anche le persone che stanno cercando la propria strada, ma sentono questa spinta a cambiare il mondo. Speriamo che questo sia un momento per mettersi in rete: come diceva Chiara, una città non basta! 

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