A proposito della buona scuola

Una scelta saggia quella di aprire una grande discussione nel paese su questo tema. Il testo del governo ha una grande ambizione, ma potrebbe produrre un piccolo risultato. Proviamo a sottolinearne luci e ombre.
Scuola inglese

Innanzi tutto i santi di questa scuola buona: Giovanni Bosco, Maria Montessori, don Lorenzo Milani, Loris Malaguzzi. Sarebbe utile spiegare il senso di questa scelta. La scuola di Barbiana rappresenta un grande discorso, nella sua povertà e semplicità, sulla Costituzione e sulla nostra democrazia. Una scuola, la più privata delle scuole, capace di cambiare la scuola pubblica in Italia, facendo della scuola una grande parola sulla democrazia nel nostro paese. Barbiana è una scuola che prende sul serio la Costituzione, il vero e unico libro di quell’insegnamento, di quella comunità di ragazzi capace di imparare le lingue straniere e di viaggiare sulle vie del mondo, quando tutto sembrava ripiegarsi sulla nostra provincia.

Loris Malaguzzi è stato un grande costruttore della scuola primaria in Italia con le scuole materne comunali, che non solo davano la possibilità alle donne di lavorare, ma anche i figli di crescere in sapienza, età e grazia. Dunque una amministrazione comunale che investiva sulla scuola, che sapeva pensare in grande. Don Bosco e Maria Montessori appaiono più sfumati all’orizzonte, figli di un tempo assai lontano dal nostro. Questo spinge alla retorica e non alla memoria esigente e sovversiva.

In questa ricerca rimane sullo sfondo la Costituzione, che mai viene citata in questo testo pure ambizioso e con la pretesa di innovare la scuola. Essa che è la pietra angolare della democrazia e della scuola italiana rimane, come dire, in silenzio.

Tutto questo appare ancora più grave di fronte al grande movimento che ha attraversato tutto il paese all’inizio dell’anno scolastico sulla accessibilità dei disabili e sugli insegnati di sostegno. La stessa Corte costituzionale ha posto il diritto allo studio come facente parte di quel nucleo dei diritti indefettibili che vanno semplicemente rispettati e attuati senza condizione.

Barbiana aveva i disabili, non solo i montanini. Ricordo ancora a cinquanta anni di distanza la presenza bella di Barbara e di Marcello; come sono belle le presenze di disabili motori e psichici nelle nostre classi spesso sgangherate. Nel testo del governo se ne parla solamente alla pag. 126, per qualche riga, quasi questo fosse comunque un problema residuale e secondario. Si parla di inclusione, ma non si conoscono quelli che si vorrebbero includere.

In realtà la preoccupazione del testo riguarda la assunzione di centocinquantamila insegnati, scelta coraggiosa, anche se effetto della pressione di Bruxelles, che ha minacciato di aprire una procedura di infrazione sulle modalità di assunzione. È una preoccupazione legittima. Essa rappresenta una preoccupazione necessaria, ma non sufficiente. Come è utile nel testo il riferimento ai miglioramenti organizzativi della scuola, coinvolgendo in questo gli insegnanti e la loro informazione, i dirigenti scolastici, gli amministrativi. Ma si rimane ancora alle mura esterne della scuola, non al cuore della esperienza educativa, definita da uno psicanalista la “erotica dell’apprendimento”.

Il punto che riguarda l’edilizia scolastica e “la scuola bella” rimuove totalmente la decisiva questione della accessibilità della scuola. In Toscana circa il 30% delle scuole non sono a norma in ordine alla accessibilità. Verrebbe da dire: se questa è la Toscana, figuriamoci le altre regioni Penso che prima di fare nuove scuole, il governo con coraggio avrebbe dovuto investire sulla edilizia della accessibilità scolastica con interventi puntuali indicando operativamente una priorità che ad oggi non esiste.

Non ci si rende conto che per i disabili la scuola è una questione di vita o di morte. Se il disabile perde la scuola, se non può andare a scuola, se la scuola per lui è inaccessibile, questo rappresenta una condanna di morte civile. Il diritto alla salute, il diritto allo studio e il diritto al lavoro hanno qui la loro misura.

La scuola pubblica si misura sulla sfida del lavoro. Bisogna creare un nuovo ponte tra scuola e lavoro e i disabili devono imparare a lavorare nel tempo dello studio e debbono anche continuare a formarsi nel tempo del lavoro. Se il disabile non si prepara a lavorare nel tempo dello studio, rischia a 18 anni di sparire nel fondo nero dell’assistenza, per riemergere a quaranta anni con costi sempre più impossibili

Il tema del lavoro è decisivo soprattutto nel suo passaggio dalla scuola al lavoro, perchè un disabile che può essere inserito nel lavoro vive meglio, partecipa al destino comune, produce civiltà. Vive davvero quella democrazia, che come è scritto nella nostra Costituzione è fondata sul lavoro. In questo modo il disabile appare come un investimento che partecipa alla crescita di tutti, certo a suo modo, ma da protagonista e non soggetto passivo.

Di questo problema nel testo semplicemente non c’e’ traccia. Manca nella scuola buona anche la presenza degli studenti. Mancano gli studenti disabili perchè non ci sono gli studenti o mancano gli studenti perché non ci sono gli studenti disabili?

Non basta aggiungere materie, ci vuole visione. Don Milani, che scriveva con i suoi ragazzi la lettera ad una professoressa, scrive nella lettera ai giudici che “il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo in confuso”. Ecco, niente di meno di un profeta che fa del conoscere e del sapere una esperienza di amore e di tenerezza.

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