A Pavia solo pochi esercenti rinunciano alle slot

Un'indagine promossa dal Comune e dalla Casa del giovane per pubblicizzare gli incentivi a chi stacca le macchinette rivela un tessuto sociale fragile, dove le persone più a rischio sono gli anziani e i giovani, ma anche le casalinghe che giocano a insaputa del marito
Slot machine

Il movimento "No slot" qui è ormai una realtà. Alla Casa del giovane di Pavia si parla di ludopatia, portando un messaggio chiaro tra i ragazzi delle scuole e tra i giovani nei locali. Lo scopo è quello di aiutare le tante persone che quotidianamente chiedono aiuto per uscire dalla patologia del gioco compulsivo.

Gli under 30 di questo luogo aggregativo cittadino hanno creato un video rap dal titolo intrigante: "Azzardopatia" girato proprio da alcuni di loro. Hanno poi creato un sito con la mappa dei bar che a Pavia non hanno le macchinette: un lavoro agli esordi eppure necessario se pensiamo che in città ci sono 652 slot machine distribuite in 140 locali pubblici, su 511 esercizi censiti. A conti fatti c'è una slot ogni cento abitanti. Ma il dato davvero preoccupante è che solo cinque negozianti hanno usufruito degli incentivi del Comune per dire no alle slot. Tutti gli altri fanno orecchie da mercante.

I dati sono stati forniti dall’ultima ricerca realizzata dal Tavolo sulle dipendenze che certifica lo scarso numero di titolari di locali pubblici disposti a rinunciare alle macchinette per avere diritto al bando del Comune che dà un incentivo di mille euro a chi stacca la spina alle slot. Proprio l'amministrazione comunale e la Casa del giovane avevano organizzato un sondaggio in tutta la città per capire se i commercianti conoscessero gli incentivi anti-slot e il nuovo regolamento regionale. A rispondere sono stati in 77 e tra questi solo il 18 per cento ha dichiarato di trovare giusto l’incentivo di mille euro dal Comune.

Simone Feder, psicologo della Casa del giovane, spiega che «il 74 per cento invece vorrebbe si superasse la soglia dei 4 mila euro per non registrare perdite». A Pavia 45 locali hanno più di quattro macchinette. «Secondo il nuovo regolamento regionale dovranno metterle in locali separati – spiega Feder – ma non molti lo sanno. Ci sono stati anche sedici locali che dicono di essere disposti a togliere le slot, ma poi la richiesta degli incentivi comunali è arrivata solo da cinque esercenti».

Il sondaggio svela anche risvolti positivi, e cioè che da 36 commercianti è arrivata la richiesta di approfondire il tema delle dipendenze e di conoscere meglio i regolamenti  in materia. Pavia è una città elegante dell’hinterland milanese ed è anche discreta. Seguiamo i passi di alcuni abitanti, a campione tra quelli che si dirigono nei locali con le slot. Anziani e giovani in maggioranza. Sorprese poche, constatazioni di disagio tante e in tutte le direzioni. «Se tolgo le macchinette chiudo, mi paghi tu la disoccupazione?», è questa una delle tante risposte degli esercenti interpellati. Scorbutico? No. È schietto e la realtà è questa per un signore sulla cinquantina che vende caffè, birra e poco altro. «Il ricavo arriva dalle slot, mica dal cielo».

Una signora sopra i settantacinque anni gioca regolarmente «tutti i santi giorni che “el Signur me da da vive”, non oltre dieci euro, ma sono assidua. Sa, la pensione "le poca” e ci si arrangia». Trecento euro se ne vanno così, metà pensione mensile. Vinto mai qualche volta? «Son contenta, perché qualcosina scende ogni tanto, e vanno per pareggiare le uscite». Zaino, sigaretta, occhialetti da sole, atteggiamento da figo, studente del Classico all'ultimo anno: «Gioco qualche volta ma voglio vincere. La paghetta e qualche lavoretto non bastano e poi qui sfogo le mie incavolature, le mie rabbie». Dipendenza? «Me ne frego».

«Sono tanti i pensionati che passano la mattinata attaccati alle slot – dicono alcuni volontari della Casa del giovane – si vedono i primi due giorni di pensione, poi spariscono. E ci sono tante casalinghe – così ci hanno raccontato gli esercenti – che giocano senza che i mariti lo sappiano».

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