Alla sessione annuale dell’Assemblea parlamentare dei Paesi del Mediterraneo a Palazzo dei Normanni si è parlato di migrazioni, primavera araba e criminalità organizzata
Una risoluzione del gruppo speciale sulle migrazioni dell’Assemblea parlamentare dei Paesi del Mediterraneo ha chiesto all’Unione europea e agli Stati membri «di attuare misure concrete di sostegno agli Stati che devono affrontare le conseguenze dei flussi migratori, sproporzionati rispetto alla popolazione nazionale». Il gruppo di lavoro riguardava la Terza commissione permanente per il dialogo tra le civiltà e i diritti umani ed aveva per titolo “Rivoluzioni e migrazioni – L’impatto della Primavera araba sui movimenti di persone nella regione”. Ma è stato chiesto anche di più in seguito alla primavera araba: la convocazione di una grande conferenza sulla migrazione nel Mediterraneo.
Sono stati questi alcuni dei frutti della sessione annuale dei Paesi del Mediterraneo riunitasi nei giorni 29, 30 e 31 ottobre scorso a Palermo. Un organismo nato nel 2006 a conclusione di un percorso di cooperazione di quindici anni tra gli Stati della regione mediterranea che ha l’obiettivo di favorire la cooperazione politica, economica e sociale dei Paesi del Mediterraneo e di esser strumento per la diplomazia parlamentare regionale. Un organismo aperto esclusivamente ai paesi del Mediterraneo che godono tutti dello stesso peso rappresentativo e di cui fanno parte: Albania, Algeria, Andorra, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Cipro, Egitto,Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Libano, Libia, Malta, Monaco, Montenegro, Marocco, Palestina, Portogallo, Serbia, Siria, Slovenia, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Tunisia e Turchia.
Ma tornando ai lavori che si sono svolti all’interno del Palazzo dei Normanni – oggi sede del Parlamento siciliano –, non sempre è stato facile mantenere il dialogo durante i tre giorni di lavoro. D’altra parte si è parlato del futuro della regione del Mediterraneo, del processo di pace nel Medio Oriente, della transizione democratica in Nordafrica con particolare riferimento alla Libia, alla Tunisia, all’Egitto alla Siria. Ma si è parlato anche della risoluzione predisposta dalla Prima commissione sulla cooperazione politica e la Sicurezza “Nuove Strategie e prospettive di lotta al terrorismo”, in cui si è chiesto di «rafforzare i meccanismi di cooperazione regionale e fornire un sostegno alla realizzazione di una agenzia di informazione specifica per il Mediterraneo (MEDPOL) per realizzare un piano di azione». E ancora nei lavori svolti dal gruppo speciale sulla criminalità organizzata “Interconnessione tra criminalità organizzata e terrorismo nel mediterraneo” si è affermata «la forte determinazione dei parlamentari membri dell’APM a rafforzare le legislazioni in materia di crimine organizzato transfrontaliero e a lottare contro la corruzione e il terrorismo».
Una tre giorni all’insegna degli elementi transnazionali e della complessità. Ben vero i riferimenti al dialogo interreligioso e culturale nei tre giorni di lavoro sono stati frequenti e sentiti, perché è giusto che la politica riconosca il ruolo della religione nell’area del Mediterraneo, dove la maggioranza della popolazione è credente seppur appunto di diverse religioni.
In un momento storico davvero particolare e che riguarda tanti dei Paesi membri a seguito degli sviluppi accaduti nella riva meridionale del Mediterraneo questa riunione ha dato una grande voglia di futuro e di pace. Sentimento non solo condiviso ma anche incoraggiato dal rappresentante della SantaSede presente ai lavori, Anna Maria Abramonte. «Sin dalla sua fondazione – ha detto infatti la Abramonte – la Santa Sede ha partecipato come osservatore nelle varie riunioni di questa assemblea. Colgo l’occasione per rinnovare il suo apprezzamento per gli obiettivi fondamentali che vi proponente e cioè il dialogo politico tra i paesi che si affacciano nel Mediterraneo, dialogo fondato sui principi comuni alle tradizioni e alle culture dei vari Paesi».