A modello della Trinità

La vocazione al matrimonio è vocazione ad un continuo, mutuo scambio di amore e di vita. L’uomo e la donna nella loro diversità sono chiamati a vivere una piena comunione avendo come modello la Trinità. È il messaggio del libro curato dalla teologa olandese Aldegonde Brenninkmeijer-Werhahn “A cuore aperto. Riflessioni sul significato del matrimonio” (Città Nuova, 2014).
Aldegonde Brenninkmeijer-Werhahn ed. A CUORE APERTO_CN 2014

L’affermazione contenuta nella Genesi: «E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (1, 27), implica anche che l’essere umano è a immagine di Dio proprio per il fatto di essere stato creato non come individuo isolato, ma come persona orientata verso l’altro. […] Come uomo e come donna, l’essere umano riflette il Dio trinitario e riceve l’incarico di prendersi cura della creazione e di “moltiplicarsi e riempire la terra” (cf. Gen 1, 28), di estendere cioè la propria originaria comunità. La creazione mira dunque sin dall’inizio non a formare individui isolati, ma alla loro communio.

In questa luce, la diversità di genere fra uomo e donna e la vocazione alla comunione del matrimonio, risultato di tale differenziazione, rappresentano la più originale e profonda vocazione dell’essere umano alla communio e pertanto a divenire simile a Dio. Questa vocazione è letteralmente incisa “nella carne” dell’uomo e della donna che, in quanto esseri sessuati, sono completamente orientati verso l’altro nel corpo, nella mente, nell’anima e nello spirito, e lo sperimentano innegabilmente sulla propria pelle. Ciò dimostra chiaramente che non si può scoprire il significato della propria vita e lo scopo della propria vocazione se si rimane da soli e si persevera in un atteggiamento introverso, invece di aprirsi all’altro.

In ogni incontro bisogna porsi la seguente domanda: sono abbastanza aperto da permettere all’altro di essere se stesso in quanto altro? Sono abbastanza libero da potergli garantire uno spazio accanto a me e in me? Siamo in grado di unirci malgrado la nostra diversità, o meglio proprio grazie alla nostra diversità? Ciò che vale per ogni incontro diviene indispensabile nella comunione coniugale. Innanzitutto non stiamo parlando di un altro qualunque, ma proprio dell’altro differenziato sessualmente, ossia qualcuno che realizza la stessa esistenza umana benché in maniera fondamentalmente diversa, come uomo o come donna. In secondo luogo la comunione coniugale è molto più di un “incontro” temporaneo fra due persone. Il matrimonio implica l’aprirsi all’altro attraverso la varietà, l’ampiezza e la profondità di una vita intera, significa vivere in unione con l’altro.

Nel matrimonio, pertanto, l’alterità si sperimenta proprio nel midollo della propria esistenza e permette allo stesso tempo di scoprire, forse per la prima volta nella vita, l’unione e la comunione, la communio, con l’altro.

[…]

Come sostiene Klaus Hemmerle, l’unione che chiede Gesù «si raggiunge pienamente solo quando siamo insieme all’altro. Solo quando viviamo in modo tale da poter dire: “tu sei la mia vita in me e io sono la tua vita in te”, solo quando la Trinità prende dimora fra di noi, si compie la missione di Gesù e la vita di Dio diventa la vita del mondo».

Esiste un ulteriore modo in cui il matrimonio corrisponde al Dio uno e trino: per sua stessa natura, esso è aperto al figlio come a un “terzo fattore” all’interno della comunità coniugale e incarna pertanto nel modo più veritiero la struttura di base della comunione, che si esplicita nel ritmo ternario riscontrabile nel Dio trinitario. […]

Ad ogni modo, il matrimonio è la chiamata più originale – in quanto incisa nella dimensione più profonda di ogni essere umano: la sua natura sessuale – nonché il più radicale invito a realizzare la communio quale senso ultimo della vita.

Di più: il matrimonio, più intensamente di qualunque altra forma di comunità, mira al di là di se stesso oltre la communio orizzontale (fra esseri umani) verso la communio verticale con Dio. Così il filosofo Ulrich Hommes spiega il legame fra dimensione orizzontale e verticale della communio:

“L’amore cerca l’altro, eppure l’altro, proprio nel darsi completamente nelle mani dell’amore, indica l’al di là di sé. C’è ben altro oltre l’Io e il Tu, oltre due persone che si incontrano nell’amore, c’è ben altro oltre loro stessi. Ciò che permette loro di amarsi, ciò che garantisce tale amore, ciò che essi trovano in questo stesso amore, è già presente in loro”.

 

Aldegonde Brenninkmeier-Werhahn (ed.), A CUORE APERTO, riflessioni sul significato del matrimonio (Città Nuova, 2014)

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