A Milano vincerà Sala, Parisi o l’astensionismo?
Chi sarà, tra Parisi e Sala, colui che prenderà più consensi per guidare la città di Milano nei prossimi anni? La risposta più immediata la dà un commesso di un magazzino in Galleria Vittorio Emanuele, lui ne è convinto: a prendere più voti sarà l’astensionismo. Ancora una volta lo spettro del non voto aleggia sotto la volta della Galleria, ma non solo. Troppi sono ancora gli indecisi, coloro che aspettano, già, ma lunedì sarà troppo tardi.
“O mia bela Madunina che te brillet de lontan, tuta d'ora e piscinina, ti te dominet Milan sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man”. Piazza Duomo è gremita come al solito, anzi pare per sin di più. E la Madunina domina dall’alto questa città, i cui abitanti pare credano sempre meno alla politica, ai partiti, a quella politica che li esprime praticamente sempre meno, già perché a votare sono andati solamente il 54, 6 per cento, tredici punti in meno rispetto a cinque anni fa. E davvero è proprio tanta la differenza. Da leggere e da interpretare con molta cura e attenzione. Sono dati che non possono essere ignorati se si vuole continuare a credere nella democrazia, nella partecipazione dei cittadini alla vita della polis.
Ma ora va fatto il sindaco e la scelta va fatta su due nomi, Beppe Sala, centrosinistra, ha ottenuto 224.155 voti ed è in vantaggio con poco meno di 5 mila voti sullo sfidante Stefano Parisi, centrodestra, fermo a 219.219. La sfida di domenica prossima spariglia anche le più solide famiglie politiche. Anche questo è il laboratorio Milano, dove da una parte si fanno le prove del Partito della Nazione, dall’altra si ritrova l’unità intorno alla figura di un moderato lontano dai partiti.
E in questa attesa, ormai breve, Sala ha fatto due nomi di chi vorrebbe nella sua giunta, ad esempio Linus di Radio Deejay, conduttore e direttore artistico, che ha detto di sì e che si occuperebbe di eventi, sport, concerti e dei giovani. Poi ci sarebbe anche l’ex ministro degli Esteri Emma Bonino, che avrebbe il ruolo di consigliere per le relazioni internazionali, e ancora Umberto Ambrosoli e l’ex magistrato Gherardo Colombo.
Da Parisi invece è silenzio sul suo gruppo, per lui ha rotto il silenzio Salvini che si è autocandidato a ricoprire il ruolo di assessore alla Sicurezza, senza però ottenere ad oggi il benestare del candidato sindaco.
«Parisi e Sala sono due brave persone e due manager competenti. Sono onesti e gran lavoratori, queste due qualità che di base soddisfano qualsiasi milanese. Ma…» e ‘interrompe qui il tassista che mi porta in centro.
Se si vuole scegliere sui programmi, almeno sulle dichiarazioni di intenti, non ci sono difficoltà: uno vuole che la Milano internazionale abbia una moschea, l’altro no, solo per fare un esempio. Oppure: uno vuole combattere l’inquinamento in centro città allargando la ZTL, l’altro intervenendo sui sistemi di riscaldamento per non danneggiare i commercianti. Quindi orientarsi, su questi grossi temi, dovrebbe essere abbastanza facile.
«La vera differenza in questo momento sta nella squadra: il sindaco di una città non è un uomo solo al comando, è il coordinatore di un gruppo di persone. Sala propone una squadra (anzi, qualcuno lo accusa di averla messa in campo con eccessivo anticipo) e la arricchisce ogni giorno. Si può opinare che è una squadra fatta di gente già vista o di nomi illustri che ora si schierano. Ma di questa squadra possiamo verificare e quindi giudicare l’operato come assessori nella giunta precedente o in altri ruoli pubblici. Dall’altra parte abbiamo il pacco sorpresa di cui sappiamo solo due cose: una che le parti che lo comporranno dovranno far felici Salvini, Gelmini e La Russa, sponsor ufficiali di Parisi; due che nella squadra ci saranno poche donne, per i noti giochetti preelettorali». Spiega decisa l’edicolante donna di corso Buenos Aires, che di politica se ne intende. E continua: «Il vero problema è che né le considerazioni sui punti del programma né le valutazioni sulla squadra che affiancherà il futuro sindaco sembrano in questo momento essere cruciali, non quanto la volontà dei cittadini di palesare un voto pro o contro Renzi, esattamente come succederà ad ottobre con il referendum sulle riforme costituzionali».
Forse domenica pioverà e i sondaggisti la smetteranno di dare la colpa al week-end fuoriporta per giustificare la scarsa affluenza alle urne. Chi ha intenzione di votare, lo fa anche alle 22.55 dopo una giornata in spiaggia. La speranza è che i voti “recuperati” dalla passata tornata siano collocati in modo consapevole, in modo che la città di Milano abbia un sindaco che davvero la rappresenti.