A Milano c’è la “visita sospesa”

È un problema con cui, prima o poi, tutti i genitori si sono scontrati: un figlio che sta male il venerdì sera, il pediatra ormai non reperibile fino al lunedì. A seconda di dove si ha la fortuna (o sfortuna) di vivere potrebbero esserci soluzioni alternative: alcune aziende sanitarie o Regioni, coma la Puglia con il servizio Scap, garantiscono almeno per alcune ore assistenza anche nei weekend e nei festivi; ma molto spesso l’assenza o l’inaccessibilità di fatto di una guardia medica pediatrica porta i genitori a rivolgersi ai già intasati pronto soccorso (finendo quasi sempre in codice bianco, ma del resto non sempre un genitore non medico sa valutare se il malessere può o meno attendere il lunedì).
Su questa carenza di continuità assistenziale pediatrica si è innestato il privato: è facile trovare su web cliniche, liberi professionisti o assicurazioni che offrono questo servizio – a chi lo può pagare, ovviamente: cosa di per sé del tutto legittima, ma che alla disuguaglianza tra territori aggiunge quella tra redditi.
Pur non spostando di una virgola il problema di questa carenza di base che crea gravi disparità, un tentativo di dare una risposta, per quanto parziale, può arrivare dal no profit. Ce lo racconta la dott.ssa Raffaella Damonte, chirurgo pediatra con esperienza in numerose realtà sia del pubblico che del privato, e direttrice sanitaria del centro milanese Welcomed – che offre, tra le altre cose, un servizio di continuità assistenziale pediatrica.

Dott.ssa Damonte, qual è la storia del centro che lei dirige e in che modo opera nel sociale?
Welcomed è nato nel 2014 come centro medico privato rivolto principalmente ai bambini, ma anche alle loro famiglie. Da subito è stato un no profit e poi impresa sociale, ossia reinveste tutti gli utili appunto per finalità sociali. La nostra iniziativa principale è la “visita sospesa”: parte di ciò che gli utenti pagano per una visita viene destinato a finanziarne una per chi non se la può permettere, su segnalazione delle numerose realtà con cui collaboriamo, sia pubbliche che private – il Comune, i municipi, la Regione, scuole, associazioni del territorio.
Dal 2016, anno in cui l’iniziativa è partita, ne hanno beneficiato 50.000 persone. Le visite sospese non sono comunque finanziate soltanto così, ma anche tramite le donazioni di enti privati o la partecipazione a bandi: cosa che ci permette di portare avanti anche diversi progetti nelle scuole come gli screening oculistici o per i disturbi dell’apprendimento, l’educazione alimentare e all’affettività.
Le persone in difficoltà economica, tuttavia, dovrebbero avere diritto ad accedere gratuitamente al sistema sanitario pubblico: a rendere necessario rivolgersi al privato è solo l’annoso problema delle liste d’attesa troppo lunghe o c’è dell’altro?
Sicuramente questo è il problema principale, ma non è l’unico. Vediamo persone che il medico non ce l’hanno proprio perché manca – o meglio, non mancano i medici, ma i medici disposti a lavorare nelle condizioni in cui medici di medicina generale e pediatri di libera scelta spesso si trovano –; o che ce l’hanno, ma non riescono nemmeno a contattarlo e a farsi visitare perché il medico è già troppo oberato da un numero eccessivo di assistiti.
Poi ci sono i bambini ospiti dei centri di accoglienza, a cui non è stato assegnato un medico. Per fare un esempio, con loro e con alcune società sportive abbiamo portato avanti un progetto che prevedeva che noi ci occupassimo della visita per attività sportiva non agonistica per poter avviare questi ragazzi ad uno sport, e facessimo una nuova valutazione sia fisica e nutrizionale che psicologica dopo sei mesi: i miglioramenti sono stati sorprendenti.
Chi si rivolge a voi?
Per quanto riguarda le visite private “standard”, la platea è comunque abbastanza vasta e diversificata perché manteniamo prezzi calmierati. Per le visite sospese, invece, inizialmente erano per l’80% immigrati o persone comunque inserite in qualche percorso di accoglienza e sostegno; ora siamo quasi a pari tra queste e persone italiane che affrontano, specie dopo la pandemia, serie difficoltà economiche.
Il fatto di vivere a Milano, con i costi della vita conseguenti, è un fattore di grande peso in questo senso: e il fatto di lavorare molto più di prima a contatto diretto con i servizi sociali del Comune ce lo conferma. Poi collaboriamo con i centri antiviolenza, per quanto riguarda la parte ginecologica.
I medici che lavorano con voi hanno qualche percorso o sensibilità particolare?
Innanzitutto va precisato che non sono volontari, ma professionisti regolarmente retribuiti: vogliamo continuità, e capacità di lavorare in squadra. Quando ci mandano un curriculum, non tutti conoscono la maniera in cui operiamo; ma, se decidono di lavorare qui, devono in qualche modo allinearsi con questa disponibilità a dare tempo ed energie anche per i progetti sociali che seguiamo. Se non altro perché, inutile nascondercelo, ci sono in città cliniche private che offrono retribuzioni nettamente superiori a quelle che possiamo offrire noi come no profit. Il fatto comunque che quasi tutto il centinaio di professionisti che lavora con noi sia qui, se non dagli inizi, quantomeno da diversi anni, è segno che la sensibilità in questo senso c’è.
Per quanto riguarda la continuità assistenziale pediatrica nello specifico, che cosa vedete e come operate?
In Lombardia c’è un servizio di guardia medica pediatrica; ma purtroppo è aperto per poche ore, e quindi capita di non riuscire nemmeno a contattare il medico, o di ricevere al più qualche consiglio al telefono. Anche a Welcomed abbiamo attivato un servizio di questo tipo il sabato e nei pomeriggi, ma anche in questo caso solo per alcune ore: purtroppo non riusciremmo a fare più di così per una ragione di costi, a meno di non voler far pagare a caro prezzo queste visite alle famiglie. E così si finisce per intasare i pronto soccorso già al collasso, dove l’80% sono codici bianchi.
In questo panorama difficile, quale possibile sinergia vede tra pubblico e privato – se non altro come via per “tamponare” a breve delle carenze del servizio sanitario pubblico che, realisticamente parlando, non verranno risolte in poco tempo?
Premetto che ho sempre lavorato nel pubblico, e ritengo che il servizio sanitario nazionale sia la nostra più grande ricchezza e sia di qualità: proprio per questo mi spiace ancora di più vedere situazioni che definirei agghiaccianti, senza che ci sia un’azione efficace per migliorarle. Certo la Lombardia è una Regione in cui ci sono molti centri privati convenzionati che aiutano ad ovviare ad alcune di queste problematiche, ma specie per l’ambito pediatrico non vedo una reale continuità nell’assistenza.
Posso dire solo che qui a Welcomed cerco e cerchiamo di fare quello che è nelle nostre possibilità per dare una risposta a queste criticità, sempre in stretta collaborazione con gli enti pubblici, e per andare incontro alle persone.
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