A Lucca il teatro è sacro

Una rassegna spirituale e un luogo di domande sull'esistenza umana dove si incontrano sperimentatori e ricerca di verità
Combattimento

Titoli come "Combattimento spirituale davanti a una cucina Ikea", o “Lazzaro, vieni dentro!” o la presenza di un testo di un autore come Copi, potrebbero far pensare ad una dissacrazione dell’argomento religioso. Invece rientrano in pieno nelle tematiche della seconda edizione del festival I teatri del sacro che comprende una visione non solo religiosa, ma aperta ai grandi interrogativi dell’esistenza umana e alla ricerca di senso. Un festival che apre una possibilità di riflessione, di incontro, di dialogo.

 

E quale luogo migliore del teatro per comunicare tra persone vive, in quello spazio vitale dove provocare domande, esercitare lo sguardo verso l’altro è aprirsi all’ascolto. Promossa da Federgat (Federazione gruppi attività teatrali) e dalla Cei la rassegna lucchese mette insieme compagnie professioniste e amatoriali. Attorno nomi affermati della scena italiana: Lucilla Giagnoni, Alessandro Berti, Giovanni Scifoni, Laura Nardi, Renzo Martinelli, Lorenza Zambon e anche due nomi noti della danza contemporanea: Ariella Vidach e Julie Ann Anzilotti.

 

Affollatissima, la rassegna si è snodata per una settimana in vari luoghi della cittadina toscana tra chiese, spazi pubblici, con proposte molto varie nelle modalità di scrittura scenica, nei linguaggi e stili espressivi, e nella qualità artistica. Per cui a spettacoli meno riusciti, si sono aggiunti altri – la maggior parte – capaci di affrontare storie e personaggi evangelici, tematiche attuali, interrogativi esistenziali, con una sensibilità contemporanea che non teme il registro anche ironico.

È’ il caso di “Lazzaro, vieni dentro!” di Giampiero Pizzol con la regia di Carlo Rossi. Tornato in vita il miracolato soffre di claustrofobia dopo l’esperienza di tre giorni nel chiuso di una tomba e l’aver visto l’al di là. Teme il buio e ha paura di dormire. I due bravissimi interpreti, Carlo Pastori e Marta Martinelli, giocano con le parole e i doppi sensi, e sono irresistibili nel comporre un quadretto famigliare della casa di Betania fatta solo di panni stesi.

 

Un differente approccio al personaggio di Lazzaro, è “Fratelli/Hermanos” di Adele Tirante. Due sorelle in una immaginaria stanza del reparto di rianimazione assistono il fratello affetto da anomìa, nella speranza che Gesù arrivi a salvarlo. Nell’attesa del miracolo cercano di sopperire alla sua mancanza di memoria e identità ricordando e riscoprendo esse stesse il loro passato di emigranti italiani in Perù: un’autobiografia scenica dell’autrice.  “Io ti prendo per mano” scritto da Daniela Nicosia dà corpo ad un intenso dialogo tra una madre in punto di morte e una figlia (le straordinarie Piera Ardessi e Paola Compostella). Riaffiora il bisogno di amore, di gesti e sentimenti mai espressi, uniti ad asprezze, rancori e segreti dell’anima.

 

“Il ponte di pietre e la pelle d’immagini” di Daniel Danis, è la storia dell’incontro e dell’amicizia di due bambini venduti inconsapevolmente dai loro genitori a trafficanti di schiavi dietro la promessa di salvarli dalle guerre che distruggono i rispettivi paesi. I due rievocano la loro odissea, la sofferenza che nasce dal duro lavoro e dalle umiliazioni, la fuga e gli incontri. Fa parte di una Trilogia della spiritualità "Apocalisse di Lucilla Giagnoni”, che nella maestosa chiesa di San Cristoforo, ha riecheggiato in tutta la sua forza espressiva. L’attrice, che diventa testimone-narratore, fa incontrare il testo sacro con quello teatrale dell’”Edipo re”, andando a cercare le assonanze tra cecità e rivelazione (il vero significato della parola biblica), tra luce e mistero, per un’indagine sull’uomo e sull’evoluzione della coscienza.

 

Impossibile soffermarsi su tutti gli spettacoli, ma è da lodare l’intero progetto, un’iniziativa importante che «la Chiesa intende mettere in luce» , ha detto monsignor Domenico Pompili puntando a corporeità e concretezza; perché «incontrare l’altro vuol dire innanzitutto trovarsi di fronte un corpo e poi il sacro non è solo il luogo dei precetti e delle leggi ma anche quello dell’incontro con il singolo evento. In una cultura tecnicista che tende a schiacciare tutto sui dati di fatto, il teatro dà respiro e profondità».

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