A Genova culture in dialogo tra memoria e migrazione

Una mostra e una tavola rotonda trattano il tema dell'integrazione nella città della Lanterna. Al Galata Museo del mare è visitabile fino a febbraio un percorso artistico-culturale curato dal comitato Umanità Nuova del Movimento dei Focolari con opere di artisti di diversa provenienza
Genova

L’hanno titolato “In profondità: viaggio tra memoria e migrazione” il percorso artistico-culturale realizzato al Galata Museo del Mare di Genova, allestito a fine dicembre e visitabile fino agli inizi di febbraio, a cura degli esponenti di Umanità Nuova, espressione sociale del Movimento dei Focolari. A far da sfondo alle singole iniziative è la mostra “In profondità”, che ha coinvolto una decina di artisti di diversa provenienza, con opere che richiamano luoghi di “migrazione interiore”, come spazio di dialogo e relazione.

Per dirla con l’artista Daniele Fraccaro che qui espone le sue opere: «Migrazioni interiori: i loro colori, gli sguardi, i gesti, la loro forza sono venuti ad abitare in me per modificare, nutrire, formare, sanare e generare nuovamente la mia persona. Goccia dopo goccia, per combattere chiusura, paura, volgarità, per rigenerare integralmente la persona trasformando ogni sua parte in nuovi organi di senso».

È «l’arte che sa cogliere dal di dentro il senso delle cose, e il mare con le sue profondità e le storie di chi lo ha attraversato nella speranza di un futuro migliore», racconta Marta Michelacci, organizzatrice dell'evento. Il mare di Genova, appunto, che ha portato migliaia di persone nelle Americhe, lo stesso mare che ha accolto e continua ad accogliere uomini e donne che su queste banchine sbarcano nella speranza di trovare una vita migliore. Che non sempre trovano, che quasi mai si concretizza. Genova città che sa ancora accogliere, che sa ospitare e condividere, oppure Genova città che non ha più tempo per gli altri, città che si difende dalla crisi economica, respingendo ospitalità e accoglienza?

Un'interessante tavola rotonda ha trattato questa problematica. A discutere di memoria e migrazioni, verso un futuro migliore, Giordano Bruschi, politico e storico, oltre che genovese doc, il pastore Teodoro Fanlo y Cortés, fondatore della Chiesa evangelica ispanoamericana, il venerabile Mahauswewe Gnanathilaka, abate del tempio buddhista, l’ingegnere Husein Salah Imam della comunità islamica e mons. Giacomo Martino, direttore della fondazione Migrantes. Musulmani, valdesi, buddhisti: ognuno rappresenta la propria comunità, più o meno numerosa, che, nella città della Lanterna ha trovato accoglienza, si è insediata e lavora.

Ma di integrazione vera e propria è difficile parlare: «L'integrazione è un tema che ci affligge giorno dopo giorno. Questa differenza c'è e si sente un po' a tutti i livelli, dal punto di vista lavorativo, abitativo e della fede. In chiesa è facile vedere sempre in fondo le altre comunità. Questo non vuol dire per forza che siano gli italiani a non accogliere, magari chi non è italiano si sente ancora straniero». È il parere di mons. Martino, che parla di una Genova spaventata dalla presenza di troppi stranieri.

«L'integrazione è un processo lungo. La gente pensa che chi arriva deve adattarsi e omologarsi agli altri. In realtà è un processo bilaterale. La nazione si deve aprire, riconoscere i diritti, facilitare questo processo, arrivare a una parità che porti a una collaborazione della società». Così si esprime il pastore Fanlo y Cortés, che nota tra la popolazione della Lanterna uno sforzo a favore dell'integrazione. Gli fa eco l'Imam Salah Husein, che parla di una collaborazione in crescita, che sta funzionando sempre meglio con la comunità islamica. «Si è fatto molto dagli anni Novanta a oggi. La società civile, l'associazionismo, il terzo settore e le istituzioni si sono mossi».

Avvolto nella kesa, il bellissimo abito arancione, il monaco buddhista ammette che si trova bene, che si sente accolto, che qui si può vivere normalmente. Naturalmente i problemi ci sono e la sfida dell’accoglienza non è solo economica o politica, ma anche spirituale e la vera bussola resta quella offerta dall’intangibile dignità e valore della persona, di ogni vita umana e dei suoi diritti fondamentali, che non sono concessione di nessuna autorità o legge umana, ma sono scritti nello stesso essere di uomo e di donna, di ogni persona nella sua concretezza storica.

Qui, dignità e valore della persona hanno caratterizzato questo affollato e interessante dibattito. Ancora uno sguardo alla mostra. Ancora gli artisti che con le loro opere ci aiutano a comprendere la persona, il linguaggio. Il bello che ogni creatura ha in sé. Anche queste opere aiutano e formano chi le visita all’accoglienza, all’integrazione. Alla memoria. E come si è augurato lo storico Bruschi aiutano a raccontare la nostra storia, il nostro passato alle generazioni future.

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