A casa di Ivona
È difficile trovare le parole per raccontare questa storia, forse perché la stessa protagonista di parole ne usa poche, e preferisce agire, piuttosto che parlare. Per come te la racconta lei, la sua vita è tutt’altro che straordinaria. Di fatto, mi spiega senza tanti fronzoli, seduta sul divano di casa: «Tanti di noi, nel perseguire certe disposizioni interiori, fin da giovani, si accorgono che la loro realizzazione sta anche nelle circostanze della vita e nelle persone che incontrano…».
Eccolo qui lo “spirito” che ha guidato le scelte di Ivona, 68 anni, single, impiegata in pensione di un’azienda orafa della provincia aretina, un passato nell’Azione cattolica, volontaria del Movimento apostolico ciechi, che si ritrova ad essere un po’ “mamma”, o “punto di riferimento”, come spesso preferisce definirsi lei, di un gruppo di ragazzi stranieri, oggi, quasi tutti maggiorenni.
«Dopo venti anni di catechismo e campeggi estivi, negli anni ’90, ho incontrato, qui ad Arezzo, l’associazione Famiglia Insieme, legata al Movimento dei Focolari. All’inizio, ho collaborato donando una gran parte di me e del mio tempo libero ai ragazzi ospitati nel Centro di pronta accoglienza minori del comune, allora gestito dall’associazione. Contemporaneamente, i servizi sociali hanno cominciato a segnalarmi alcuni casi di gruppi familiari, in genere composti da madre e figlio, da sostenere nei momenti di crisi, anche sul piano economico».
È così che Ivona entra in contatto con tante altre realtà di disagio giovanile:«Erano minori stranieri con situazioni familiari difficili che, soprattutto, avevano bisogno di un luogo dove stare in pace, dove trovare punti di riferimento per la loro crescita umana e per i loro studi. Così, con alcuni collaboratori, ci viene in mente di creare un dopo-scuola a casa mia che, pian piano, è diventata, per questi adolescenti, una seconda casa».
Tante le storie che si potrebbero raccontare, come quella di un affido particolare, un ragazzo senza la presenza della madre che Ivona segue da oltre dieci anni: «Per lui non sono solo quella che l’aiuta nei compiti, ma come una mamma che guarda a tutti gli aspetti della sua vita. Ognuno di questi giovani ha bisogno di punti di riferimento per poter crescere sano. Non sapremo mai quanto noi adulti possiamo incidere sulla loro crescita, se questo nostro interessarci a loro è frutto dell’amore di Dio».
Nel tempo, poi, la casa di Ivona è diventata anche la casa di tutti quei ragazzi e quelle ragazze che, diventati maggiorenni, dovevano uscire dal Centro di Pronta Accoglienza, e trovavano da lei un luogo dove “rodarsi” per la loro vita in autonomia.
«Ricordo il primo di questi, appena diciottenne, che non aveva voluto ritornare nel suo Paese d’origine. Era senza permesso di soggiorno, senza lavoro e senza casa. Dopo che aveva passato un’estate per strada, all’inizio dell’inverno ho sentito che dovevo accoglierlo. È rimasto da me un anno, il tempo che è servito per renderlo autonomo. E dopo di lui, sono venuti tanti altri…».
A casa di Ivona, c’è una parete dove tutte queste storie prendono forma e volto, dove le foto raccontano il quotidiano di questa originale famiglia allargata, dei compleanni, dei pranzi e delle cene, dei sabati e delle domeniche, quando i suoi ragazzi ritornano, con tanto appetito, ognuno con il suo piatto preferito da preparare, a dimostrarle tutta l’amicizia e la stima che hanno per lei.
Ma insomma, alla fine viene da chiederlo: Ivona, sei felice?
«Senza programmarla, ma confidando continuamente nell’aiuto di Dio per me e per loro, questa vita spesa così, piena, è stata, è la mia realizzazione!».