A casa di Augusto

Le meraviglie “private” della dimora imperiale sul Palatino
casa augusto palatino

È un Ottaviano Augusto privato quello che accoglie il visitatore nella sua casa sul Palatino, solo di recente aperta al pubblico dopo la scoperta avvenuta una trentina d’anni or sono; casa il cui nucleo originario – prima degli ampliamenti voluti dallo stesso imperatore – risale all’epoca repubblicana, quando ancora non era diventato tale l’erede di Giulio Cesare.

 

Sono ambienti tutto sommato modesti per appartenere ad una reggia, anche se nulla hanno da invidiare a quella che sarebbe stata la Domus Aurea neroniana per quanto riguarda le raffinatissime pitture (una vera meraviglia di recupero che dice la perizia dei nostri restauratori), ma che in qualche modo conservano traccia di colui che li abitava, lo svelano nella sua intimità. E questo a partire dal grande oecus (o sala di ricevimento), dalla monumentale rampa, dal cubicolo inferiore, fino a quel gioiello al piano superiore che è il cosiddetto Studiolo, dove presumibilmente Augusto si ritirava: un tripudio di architetture illusionistiche, di creature vere o fantastiche, dai colori vivissimi: giallo, ocra, blu, nero, e naturalmente il celebre rosso pompeiano (ma altri ambienti anch’essi splendidamente affrescati, come la Stanza delle Maschere, quella delle Prospettive e quella dei Festoni di pino, attendono di essere resi accessibili al pubblico).

A pochi metri di distanza un’altra dimora, quella riservata a Livia, che l’imperatore sposò in terze nozze, è scrigno anch’essa di pitture superbe in angoli di intimità.

 

La casa, vero specchio di chi la abita. Chi ha letto sui libri di storia del vincitore di Azio dovrebbe visitare queste stanze non tanto per acquisire nuove luci su Ottaviano Augusto ma più che altro per confermarsi sul margine di mistero che rende sfuggente (e più umana) ogni creatura: anche un assetato di potere come lui, che sempre cercò di zittire ogni voce dissonante e giustificare il suo governo con un’apparenza di stabilità e di pace.

 

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