A caro sangue
Sono gli anni ’80, nella città di Pescara. Un ragazzo che frequenta la scuola primaria scopre da un compagno di classe che i suoi due fratelli più grandi sono in prigione. Quando Pasquale e Rolando Battestini iniziarono a seminare il terrore tra Abruzzo e Marche, con la banda che da loro prese il nome, Roberto aveva circa nove anni. I genitori gli avevano tenuto nascosto tutto. Quella scoperta è per lui l’inizio di una discesa all’Inferno.
In famiglia, l’attenzione gli è rubata da quei fratelli, le preoccupazioni del babbo e della mamma si concentrano tutte su di loro. Roberto bambino cresce con un desiderio di normalità, un senso d’incompletezza, con una mancanza di senso rispetto a quello che è costretto a vivere, che non ha scelto. Così, a dieci anni, chiede di andare via da Pescara. Si rifugia lontano, ad Asolo, dove è ospitato nel collegio dei Fratelli delle scuole cristiane, ma non gli basta, non riesce ad accettare la propria famiglia, e con essa, la propria storia. Quando torna, dopo le medie, la banda Battestini raggiunge l’apice della violenza con rapine che finiscono nel sangue.
Durante quegli anni, Roberto racconta che è fondamentale per lui il contatto con i fumetti: «Mi sono innamorato del fumetto come media per raccontare. Da quando avevo undici anni non ho mai smesso di disegnare: il fumetto è diventato un mezzo per raccontarmi».
La risalita dal suo personale Inferno, oltre i sensi di colpa e le spinte autodistruttive, ricomincia per Roberto grazie all’incontro con la comunità neocatecumenale della parrocchia di Sant’Antonio, a Pescara. È qui che, racconta, scopre per la prima volta un amore gratuito e vero, quello di Dio, capace di redimere e dare senso, attraverso la rivelazione del valore del dolore, attraverso la Croce.
La storia di Roberto Battestini, famoso fumettista italiano, e dei suoi fratelli, è diventata il romanzo a fumetti A caro sangue, una graphic novel che uscirà il prossimo settembre con Hikari. «Nel romanzo» racconta Battestini «faccio un parallelo tra il sangue dei miei fratelli, che mi ha aiutato ad aprire gli occhi sulla Croce, e il sangue versato da Gesù, che ci ha redenti».
Diversamente da Fratelli, l’altro fumetto cui aveva affidato in precedenza la sua esperienza di vita, qui Roberto sceglie il colore e l’acquerello, creando un “cromanzo”, neologismo con cui identifica il fumetto a colori, di stile pittorico: «Ho cercato di rendere, attraverso il racconto cromatico, sia un periodo storico che gli stati d’animo. Così, il colore diventa un mezzo per spaziare dentro l’animo dei protagonisti».
In questa moderna parabola del figliol prodigo, il fratello “buono” però si mette in gioco, raccontando il proprio personale peregrinare affettivo, che dura finché non incontra l’amore vero, quello di Dio, capace di redimere e far risorgere a nuova vita. «A caro sangue racconta, in uno stile moderno, temi antichi – spiega Roberto – spero che chi lo leggerà possa accogliere e beneficiare di questa sorta di “Redditio” a fumetti».