A caccia nei parchi?
Signora maestra cosa sono quelle macchie rosse sull’asfalto?. Forse si è rovesciata una cassetta di pomodori. Il bimbo di prima elementare si è tranquillizzato e la classe ha proseguito lungo l’itinerario. Non era stato così. All’interno di quel parco naturale dell’Emilia-Romagna, le guardie e i cacciatori avevano appena abbattuto 15 cinghiali ed erano rimasti i segni sulla strada. Un intervento di controllo della popolazione autorizzato, ma caso ha voluto la concomitanza del passaggio di lì a poco, di una scolaresca in visita guidata. Se fosse uscita la verità il mondo fantastico della natura e degli animali di quei bimbi specie in un’area protetta, avrebbe senz’altro subìto un contraccolpo. All’interno dei parchi naturali attualmente sono autorizzati controlli di popolazioni di particolare impatto, non essendoci spesso il grande predatore (lupo, lince o aquila) che assolve a tale funzione. Cacciatori e guardie selezionate operano in tal senso dando già ora un valore di fattiva collaborazione fra mondo venatorio e parco. In quest’ottica appare alquanto fuori luogo la proposta di aprire la caccia nelle aree protette presentata alla camera a fine gennaio. Sarebbe, credo, un passo indietro. Il controllo su chi spara e dove, come avviene ora sotto l’egida del parco verrebbe molto ridimensionato e il rischio di incontri tra gruppi (specie di scolari) in interventi di educazione ambientale e il botto della doppietta dietro il cespuglio non sarebbe così improbabile. Per non parlare poi delle migliaia di visitatori – escursionisti, famiglie, gruppi o altro – che percorrono quei sentieri proprio nel deside- rio di vivere all’interno di un’area dove gli animali e la natura in genere sono tutelati. Una proposta che vede anche una parte del mondo venatorio fortemente contrario: Marco Ciarafoni di Arcicaccia avverte: Nelle aree protette una gestione conservativa della fauna selvatica in esubero avviene già per legge attraverso l’utilizzo dei cacciatori nella forma di selecontrollo (…) così si legittimano forme di barbarie venatoria di aggressione al territorio e non di gestione compatibile (…). Pure Altero Mattioli, ministro dell’Ambiente, si era dichiarato contrario alla caccia nelle aree protette altrimenti: Non si capisce da che cosa sono protette. Ma evidentemente esistono in seno ai parlamentari altre tendenze che stanno uscendo allo scoperto in questa operazione. A noi pare che l’essenza di un parco nasca dal presupposto di un porsi dell’uomo in profondo rispetto della natura, capace quindi di tutelarla e rispettarla in particolare in quegli ambienti più preziosi e vulnerabili che sono ospitati spesso proprio nei parchi. È in quest’ottica che si può anche intervenire in modo cruento in alcuni casi per una gestione mirata su alcune popolazioni, ma aprire al mondo venatorio il libero accesso sarebbe un passo in controtendenza per la sola soddisfazione dell’egoismo di alcuni.