A Bangkok trionfa la ragionevolezza
Ogni rivoluzione ha bisogno d’eroi e per finire la battaglia cittadina a Bangkok, che aveva assunto degli aspetti davvero preoccupanti, c’era bisogno di una via d’uscita, di qualcuno che iniziasse a fare un passo indietro: qualcuno che fosse disposto a "perdere la faccia". E così è stato. Il capo della polizia municipale di Bangkok, il generale Kamronvit Thupkrajang era diventato uno dei simboli della resistenza del governo di Yinluck Shinawatra contro i manifestanti. La mattina del 3 dicembre ha ispezionato le barricate e dato ordini ai suoi uomini di non sparare per nessuna ragione gas lacrimogeni contro la gente. Poco dopo ha poi dato l’ok per l’pertura delle barricate.
«Sono disposto a perder la faccia, ma non posso vedere i thai picchiarsi e combattere per le strade. Se la gente vuole, che entri nella stazione di polizia e vi resti per quanto lo desidera. È casa loro, e l’hanna pagata con le loro tasse». Dopo poco, la gente ha iniziato ad avere un contatto con i poliziotti che avevano combattuto per giorni. Pianti, abbracci, foto ricordo. Incredibile, ma è stato così. Ci sono aspetti dell’Asia che per gli europei sono difficili da capire, al primo impatto. In Asia il rapporto è essenziale. Una verità, una vittoria staccata dal "clan d’appartenenza" in cui vivi, non vale molto.
Così è iniziata l’apparente vittoria dei manifestanti; hanno poi occupato la sede del governo, o almeno il giardino antistante all’entrata. Non sono potuti entrare nella sed perché stavolta c’erano i militari di guardia, e contro di loro, che ufficialmente sono i difensori della nazione, della religione e del re, non è possibile combattere. Qualcuno potrebbe chiedersi se il governo thai sia tenuto in piedi dalle forze armate. Certamente no, ma non è possibile governare il Paese senza il loro appoggio. E sono loro, a detta di alcuni, che hanno mediato la situazione veramente esplosiva che si era creata.
Il comandante supremo delle forze armate, il generale Thanasak Patimapagorn, è stato un ottimo mediatore tra il capo dei manifestanti Suthep Thaugsuban e il primo ministro, Yinluck Shinawatra, chiedendo un loro incontro e richiamandoli al dovere della pace per il 5 dicembre. Al momento la situazione è sbloccata: il primo ministro ha chiamato le parti sociali a partecipare alle consultazioni per trovare soluzioni comuni che possano soddisfare tutte le parti. Suthep Thaugsuban, ex deputato dei democratici, ha dichiarata piena vittoria e l’invocazione della Costituzione per un nuovo primo ministro di nomina reale.
Intanto la situazione è molto più calma. I manifestanti sono ritornati nei luoghi loro assegnati per i dibattiti e le celebrazioni per l’86esimo complenano del re sono già inizate. Cosa avverrà domani? La situazione è incerta. Sicuramente bisognerà ridare fiducia ai mercati e agli investitori; per le richieste dai manifestanti che a centinaia di migliaia si sono riversati sulle strade di Bangkok e dato vera battaglia ai simboli del potere, bisognerà trovare una via d’ascolto. Ormai è chiaro che sono tanti e pronti a riprendere la piazza se il governo non ascolterà le loro ragioni.
Buona fortuna Thailandia. La via della democrazia, di una partecipazione reale alla vita politica passa anche attraverso tutto questo. Ma il processo di democratizzazione è iniziato e sempre più persone ne sono partecipi. Avanti Thailandia: o come va di moda ora: “Go Thailand go!”.