Via i palestinesi da Gaza: il mondo dice no all’idea di Trump
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Una sorta di boutade che ha colto tutti di sorpresa: è questa l’impressione che si ha nel leggere i titoli degli articoli del New York Times a proposito della dichiarazione del presidente degli Usa Donald Trump su un possibile controllo americano della striscia di Gaza, che diventerebbe “la riviera del Medioriente”, mentre i palestinesi – che a suo dire rimarrebbero a Gaza solo perché impossibilitati ad andare altrove – potrebbero essere trasferiti.
La proposta di Trump viene descritta come «scritta frettolosamente», e si afferma che «per quanto il presidente ne stesse parlando da settimane, non c’era stato alcun incontro sul tema, e gli altri membri dell’esecutivo sono stati colti di sorpresa [..] Mentre il suo annuncio appariva formale e ponderato, la sua amministrazione non aveva ancora effettuato nemmeno la più basilare pianificazione per esaminare la fattibilità dell’idea». Una sorpresa condivisa, secondo l’autore, anche dagli stessi israeliani, e che ha trovato anche l’opposizione dell’Arabia Saudita.
I vertici militari statunitensi, da parte loro, si sono affrettati a precisare che non esiste al momento un piano per occupare la Striscia, e che eventuali trasferimenti dei palestinesi sarebbero temporanei. Il giornale cita anche le reazioni dei palestinesi che vivono negli Stati Uniti, definite come “un pandemonio”. Anche il Washington Post dà spazio alle reazioni nel mondo arabo, in particolare in merito al possibile trasferimento forzato dei palestinesi; e dà voce ad esperti di diritto internazionale che puntualizzano come questo violerebbe la Convenzione di Ginevra.
Lo spagnolo El Paìs, che apre con «Il governo israeliano ordina all’esercito di elaborare un piano per l’uscita “volontaria” dei palestinesi da Gaza», pubblica un commento dal titolo «Trump regala all’ultradestra un sogno storico che oggi è appoggiato dalla maggioranza in Israele», e che riferisce come «la proposta del presidente Usa di cacciare i gazawi riceve l’avvallo dal centro politico fino all’ultranazionalismo euforico. L’82% della popolazione ebrea lo appoggia, e solo il 3% la vede come immorale».
Identico a quello del quotidiano madrileno è il titolo di apertura del francese Le Monde, che sottolinea anche come «il mondo politico francese reagisce con cautela alla proposta di Donald Trump di un controllo americano della Striscia di Gaza. Se la sinistra e il centro l’hanno condannata, Emmanuel Macron e Marine le Pen non hanno reagito». Viene tuttavia osservato che il ministero degli Esteri ha rilasciato un comunicato in cui si dichiara l’opposizione della Francia all’esodo forzato della popolazione di Gaza, in quanto costituirebbe una violazione del diritto internazionale; e il sostegno alla costituzione di un’entità statale palestinese nella Striscia, con il disarmo di Hamas e la sua esclusione dal governo.
Anche il britannico Guardian apre con il tema dell’esodo volontario da Gaza pianificato dal governo israeliano; evidenziando tuttavia le dichiarazioni del ministro della Difesa, Israel Katz, secondo cui «I Paesi che si sono opposti alle operazioni militari a Gaza dovrebbero prendersi i palestinesi». Paesi come Spagna, Irlanda, Norvegia e altri, che «avendo avanzato false accuse contro Israele e le sue azioni a Gaza, sono legalmente obbligati a dare il permesso a qualsiasi residente della Striscia di entrare nei propri territori». In altri termini: se ritengono che a Gaza ci sia una pulizia etnica – sul cui rischio, ricorda sempre il Guardian, ha messo in guardia l’Onu -, allora dovrebbero accogliere queste persone come rifugiati.
Il tedesco Der Spiegel si chiede, con un titolo a tutta pagina, «Possiamo ancora fermare Donald Trump?». Secondo il corrispondente da Washington, Roland Nelles, l’America si trova ormai nella “Trumpsilvania”, con un presidente che intende smantellare tutta la burocrazia e con essa le istituzioni. Ricorda comunque come la proposta su Gaza in particolare abbia suscitato forti critiche anche da parte degli stessi “fedelissimi”, che ora stanno cercando di “minimizzare” le parole del presidente.
Poco spazio alle parole di Trump, invece, sui giornali russi, come sempre più incentrati sulle vicende russo-ucraine e sulle mosse di Putin. Il Kommersant titola il suo articolo – “relegato” però nella sezione esteri, non in testa alla pagina – «Gaza cambia proprietario», e parla di «dichiarazione rivoluzionaria a seguito dei negoziati a Washington con il primo ministro israeliano». Quasi uno scambio tra i due, insomma, come se si parlasse di un accordo tra privati per la compravendita di una proprietà.
Più “pragmatico”, all’altro capo del mondo, l’australiano The Age; che apre con una serie di foto di Gaza devastata, parlando di un lavoro “titanico” che Trump dovrebbe affrontare. Come dire: forse non gli conviene poi così tanto.