L’Europa si prepara ai dazi Usa
I numeri parlano chiaro. Gli Stati Uniti d’America hanno un deficit della bilancia commerciale, cioè la differenza fra esportazioni e importazioni, di 1.100 miliardi di dollari. Donald Trump, come promesso in campagna elettorale, ha subito iniziato a imporre i primi dazi, delle tasse alle importazioni, a Cina, Canada e Messico, per quest’ultimo poi sospesi per un mese.
Presto, ha affermato il presidente americano, toccherà all’Europa, della quale ha biasimato il comportamento, rimproverandole di trattare gli Stati Uniti in modo terribile: «non ci prendono le auto, non ci prendono i prodotti agricoli, non prendono quasi nulla e noi prendiamo tutto da loro: milioni di auto, enormi quantità di cibo e prodotti agricoli».
Se guardiamo all’Unione europea (Ue), essa esporta negli Stati Uniti beni per 502,3 miliardi di euro e importa beni per 346,5 miliardi di euro, con un saldo positivo di 155,8 miliardi di euro; poi l’Ue esporta servizi per 292,4 miliardi di euro e importa servizi per 396,4 miliardi di euro, quindi in questo caso con un saldo negativo di 104 miliardi di euro. Dunque, l’avanzo commerciale dell’Ue verso gli Stati Uniti è di circa 157 miliardi di euro.
Per la Commissione europea «il nostro rapporto commerciale e di investimento con gli Stati Uniti è il più grande al mondo», mentre «i dazi creano inutili sconvolgimenti economici e sono dannosi per tutte le parti», ma l’Ue «risponderà fermamente a qualsiasi partner commerciale che imponga tariffe ingiustamente o arbitrariamente sulle merci dell’Ue». L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, ha affermato che «in una guerra commerciale non ci sarebbero vincitori». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è stata molto dura, affermando che se Trump rimarrà deciso ad imporre dei dazi, la «ritorsione a misure ingiuste e arbitrarie sarà ferma».
L’Ue ha annunciato che essa acquisterà più energia, commesse militari e prodotti agricoli dagli Stati Uniti, nell’auspicio di una distensione delle relazioni. Del resto, l’Ue si trova a dovere importare più gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti in modo strutturale, per sostituire completamente le forniture dalla Russia. Anche l’acquisto di forniture militari dagli Stati Uniti, necessarie per sostenere la difesa dell’Ucraina e aumentare le spese militari nell’ambito NATO, sono già in atto e, come dichiarato dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, non potranno che aumentare.
In realtà, come sempre, gli Stati membri dell’Ue sono divisi sul da farsi. La Francia e la Germania sono per la linea dura verso Trump. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha affermato che «se i nostri interessi commerciali saranno attaccati, l’Europa, in quanto vera potenza, dovrà farsi rispettare e quindi reagire». Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha affermato che l’Ue è abbastanza forte da reagire a qualsiasi imposta commerciale statunitense, che essa può rispondere «alla politica dei dazi con una politica dei dazi», sebbene «l’obiettivo dovrebbe essere la cooperazione».
L’Italia, come altri Paesi, spinge per la ricerca di una soluzione diplomatica. Il con il vicepremier e ministro degli esteri, Antonio Tajani, si è affrettato a ribadire che l’Italia è «il miglior ambasciatore dell’Ue nel dialogo con Washington».
Il primo ministro irlandese, Micheál Martin, ha affermato che l’Ue e gli Stati Uniti «devono lavorare insieme in modo costruttivo» sul commercio perché il protezionismo danneggerebbe tutti. Sulla stessa linea dialogante si è posto il primo ministro finlandese, Petteri Orpo, che ha affermato che l’Europa deve negoziare con gli Stati Uniti e che non intende iniziarci una guerra, ma iniziarci dei negoziati, osservando che la minaccia più grande per l’Europa è la Russia.
Il primo ministro danese, Mette Frederiksen, ha affermato che il suo Paese «non sosterrebbe una lotta verso gli alleati combattenti», ma se Trump imponesse dei «dazi severi all’Europa, abbiamo bisogno di una risposta collettiva e solida». Egli ha ribadito che la Groenlandia non è in vendita e che l’Europa deve attrezzarsi anche per dare una risposta a tale pretesa trumpiana. Anche il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha affermato che, dopo tre anni di guerra in Ucraina, sarebbe «un crudele paradosso se durante il periodo di questa minaccia russa diretta e di espansione cinese» l’Ue e gli Stati Uniti potessero finire in un «conflitto tra alleati».
Eppure, è proprio una guerra commerciale quella che si profila, con il rischio di un aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse negli Stati Uniti e, di riflesso, con una recessione economica in Europa e un indebolimento l’euro. Inoltre, gli Stati Uniti potrebbero applicare dei dazi selettivi verso i Paesi europei, che non farebbero che indebolire la coesione tra gli Stati membri. Infatti, alcuni Stati membri hanno una bilancia commerciale in attivo (Germania, Irlanda, Italia), mentre altri in negativo (Spagna, Paesi Bassi).
Non dimentichiamo, poi, che la politica agricola comune è uno degli assi d’intervento principali dell’Ue; immaginare di aumentare le importazioni dagli Stati Uniti non potrebbe che affliggere gli agricoltori europei già provati da anni di crisi.