Trittico d’autore con la MM Contemporary Dance Company
Un trittico, Grosse Fugue, Duo d’Eden e Elegia, compone la serata della MM Contemporary Dance Company diretta da Michele Merola, in tournée in alcune città italiane (tra cui Torino, Teatro Astra, e Bari, Teatro Piccinni). Creato nel 2001 per la compagnia di Maguy Marin e ripreso dal Balletto dell’Opera di Lione nel 2006, concepito sulla musica Die Grosse Fuge op. 133 di Beethoven nella versione per quartetto d’archi, Grosse Fugue è entrato nel repertorio della MM Contemporary Dance Company, ricreato sui corpi di quattro danzatrici. Vestite di rosso, rappresentano i 4 strumenti di cui è composta la contrappuntistica e dissonante partitura musicale (all’epoca della sua composizione, il 1825, venne ritenuta alquanto ostica e ineseguibile), letta dalla coreografia di Marin come una metafora della vita in gara contro la morte.
La danza cavalca la musica con energia pulsante, incessante come onde elettriche che si propagano; vive di slanci scomposti, di cadute e risalite, con gli arti che si dibattono e si spingono, la testa con scatti all’indietro o il corpo piegato in avanti. Matilde Gherardi, Fabiana Lonardo, Emiliana Campo, Alice Ruspaggiari incarnano una frenetica disperazione ed euforia – evidente nella partitura di Beethoven –, ciascuna nella propria solitudine, con alcuni movimenti all’unisono e momenti insieme, condividendo anche la stanchezza a terra e la tregua sedendosi sul bordo del palco, guardando verso di noi, per subito decidere di riprendere la corsa. Coreografia di non facile esecuzione che le donne di MM Contemporary Dance Company danzano con assonanza come se la musica nascesse da dentro di loro.
Duo d’Eden, altro titolo di Maguy Marin del 1986, entrato nel repertorio della compagnia emiliana nel 2020, è un folgorante duetto (un estratto del più ampio Eden) dentro la genesi dell’uomo, dell’origine e della fine. E dell’amore. La simbiosi, il rigore esecutivo e l’ardua prova fisica di Emiliana Campo e Nicola Stasi, catturano la tensione dello sguardo immergendoci dentro un mondo primordiale evocato solo dalla danza muscolare dei loro corpi velati da un costume color carne che li rende nudi, col viso mascherato e una lunga chioma. Sono Adamo ed Eva nel paradiso terrestre; sono i sopravvissuti a un’apocalisse, unici esseri viventi su una terra desolata; sono gli amanti di sempre nel loro frastagliato rapporto di unione. Sotto il rumore di una pioggia incessante, di tuoni e lampi, di cascate d’acqua, la coppia, tra lentezze e contorsioni, tesse un continuum di movimenti; la donna, serrata, avviluppata, si contorce con le gambe e le braccia all’uomo che la tiene, la prende sulle spalle, sopra la schiena, la sostiene, trattiene i suoi scatti, gli attacchi e le difese, la fa roteare, senza mai farla cadere se non, in alcuni momenti, facendole appena toccare terra coi piedi. La plasticità dei due corpi che sembrano saldati e dei quali sentiamo il respiro e l’affanno, quel ritmo interno che sprigiona amore, solitudine, violenza, tenerezza, ci riconduce nei diciotto folgoranti minuti all’innocenza originaria di un eden sognato e perduto.
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