Il futuro inizia in America Latina
L’America Latina non è solo una terra ricca di opportunità, ma anche un palcoscenico cruciale dove le grandi potenze si contendono il controllo delle risorse strategiche del futuro. Nel 2025, la principale sfida non consisterà solo nell’affrontare le disuguaglianze croniche della regione, ma nel ridefinire il suo ruolo in un mondo le cui regole stanno cambiando. Questo nuovo anno offre l’opportunità di pianificare progetti, definire strategie e affrontare una grande prova: le relazioni con gli Stati Uniti e con la Cina, attivando una proposta nuova, che richiede una consapevolezza di sé maggiore rispetto al passato.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha ripercussioni immediate sulla dinamica regionale; in primo luogo, con l’annuncio dell’inasprimento delle politiche migratorie, per le quali haitiani, venezuelani, cubani e nicaraguensi potrebbero diventare “facili bersagli” per le annunciate deportazioni di massa; in secondo luogo, si annunciano cambiamenti nelle relazioni con Paesi tradizionalmente vicini agli Usa come nel caso di Panama, di fronte alla retorica ostile sui costi di utilizzo del Canale, che Trump definisce “Il Canale degli Stati Uniti”; contemporaneamente si rafforzano i legami con Stati come Argentina, Ecuador, Paraguay, Repubblica Dominicana e Costa Rica, con un peso crescente degli Usa nella geopolitica regionale.
Quasi a fare da contrappeso, si rafforza la presenza della Repubblica Popolare Cinese nella regione. Infatti, il presidente cinese Xi Jinping ha inaugurato lo scorso novembre un enorme porto in acque profonde, a Chancay, in Perù, 80 km a nord della capitale, indicandolo quale capolinea sudamericano della “Via della Seta marittima del XXI secolo”. Chancay inizierà le sue attività nel 2025 accogliendo le navi più grandi del mondo, quelle che non possono transitare per il Canale di Panama. Con questo porto, la Cina avrà accesso anche al vicino Brasile, favorendo l’esportazione di prodotti come la soia o il ferro; si tratta inoltre di una porta diretta per l’acquisto, tra le altre cose, di prodotti alimentari e materie prime come il cobalto. Secondo dati recenti, il commercio tra Cina e America Latina e Caraibi è già aumentato di 26 volte tra il 2000 e il 2020, passando da 12 a 315 miliardi di dollari. Si stima che questo commercio potrebbe raddoppiare fino a 700 miliardi di dollari entro il 2035.
In campo commerciale, è molto probabile che la Cina continui ad ampliare la sua presenza imprenditoriale con infrastrutture digitali, telecomunicazioni, sistemi di sorveglianza, produzione di energie rinnovabili, trasmissione e distribuzione di elettricità, veicoli elettrici, oltre a esercitare l’estrazione di metalli strategici e gestire la logistica marittima. La sua strategia include inoltre una sorta di “diplomazia del popolo” che comporta l’apertura di centri culturali e l’offerta di viaggi sponsorizzati ai dirigenti politici.
Di fronte a questo quadro, sembra che il futuro dell’America Latina dipenda dalla competizione tra queste due superpotenze e dal modo in cui ogni Stato instaura le sue relazioni, sia con la Cina che con gli Usa. Mai come ora è necessario comprendere che questo è un circolo vizioso da cui bisogna uscire, e questo sarà possibile solo rafforzando i legami tra gli Stati latinoamericani, superando la visione a breve termine dei governanti e riconoscendo il valore del proprio territorio. Come ha affermato Andrés Cadena, membro della multinazionale di consulenza strategica McKinsey, al Consiglio delle Americhe 2024: «Il futuro inizia in America Latina. Per costruire quell’80-90% di valore aggiunto creato nel mondo, tutti, dal settore aerospaziale, ai veicoli elettrici, alla prossima ondata di commercio digitale, tutto il resto, avranno bisogno delle nostre risorse. Hanno bisogno del nostro litio, della nostra energia, della nostra acqua, dei nostri alimenti».
La vera sfida è davvero prendere consapevolezza della propria ricchezza prima che finisca tutta in mani straniere, e avviare un vero pensiero geopolitico, con una visione a lungo termine, che permetta all’America Latina di entrare in modo diverso nella conversazione globale. Aggiunge Cadena: «La Cina lo fa, l’India lo fa, il Medio Oriente lo fa; gli Stati Uniti, neanche a dirlo. Non c’è alcuna ragione per cui anche noi non possiamo pensare allo stesso modo». Il 2025 si apre dunque con una domanda di fondo: quale sarà il futuro dell’America Latina, protagonista o spettatore nella scena globale?
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