Da Parigi a Versailles, marciano le donne
La maratona olimpica di Parigi 2024 si è svolta in un percorso dal grande valore simbolico: la Route de Gardes, una strada militare fra Parigi e Versailles, dove hanno marciato le popolane parigine il 5 e 6 ottobre 1789.
Forse questo evento non è tra i più noti, eppure ha un’importanza cruciale per la storia della democrazia. Scendono infatti in campo le donne, e iniziano così un lento processo di inclusione per l’effettiva uguaglianza che richiederà ben due secoli per raggiungere acquisizioni significative, il diritto di voto in primis.
Quali gli antefatti? Nella Parigi autunnale del 1789 manca il pane. Aspetto irrilevante per i reali che non rinunciano a gozzovigliare in pompa magna, anzi per l’arrivo del reggimento di rinforzo dalle Fiandre viene organizzato a Versailles un banchetto con duecento invitati. L’atmosfera è surriscaldata, brindisi e grida non passano inosservati e raggiungono, con il passaparola, la capitale.
Una celebrazione tanto ostentatamente boriosa scatena la rabbia e il malcontento nei quartieri più poveri e affamati di Parigi. È dal mercato dei prodotti alimentari freschi di Les Halles che prende forma la protesta: le donne iniziano una marcia verso il Municipio, minacciando di incendiare l’edificio se non avessero ottenuto il pane.
Un ufficiale giudiziario le convince a raggiungere il vero cuore del potere, la reggia di Versailles. Si radunano così nell’attuale Place de la Corcorde e recuperando qualsiasi oggetto utile alla causa – piccoli utensili casalinghi, picconi e perfino due cannoni – e si mettono in marcia sotto una pioggia battente, scandendo lo slogan che chiedeva “du pain et la Constitution” (pane e Costituzione), visto che anche su questo versante il re nicchiava.
Alla vista del corteo i cancelli della reggia vengono chiusi. Il re, assente perché impegnato in una battuta di caccia, una volta avvisato fa prontamente ritorno al galoppo e concede udienza a una delegazione di donne, insieme al Presidente dell’Assemblea Nazionale. Alla richiesta da parte del re su cosa vogliano, scontata arriva la risposta da una di loro: “pane”.
Per completare la protesta le donne entrano all’Assemblea Nazionale, occupando i posti liberi e continuando a scandire gli slogan della marcia, pane e costituzione. Il re accetta senza riserve gli articoli della Costituzione e la Dichiarazione dei Diritti presentata dall’Assemblea Nazionale, ma sul pane ritiene possano attendere.
L’autunno francese del 1789 condensa almeno tre fatti inediti che segneranno la storia universale. È la prima volta delle donne in politica e per la prima volta vengono usati due strumenti di contestazione, la marcia e l’occupazione.
Dell’occupazione abbiamo memoria soprattutto negli anni del ’68. La marcia ha dispiegato, pur con esiti diversi, il suo potenziale di strumento democratico per porre l’attenzione sui temi caldi, dai diritti civili al pacifismo, passando per la lotta per la legalità contro le mafie e per la libertà, come nella caduta del muro di Berlino nel 1989.
Tuttavia, è l’ingresso delle donne nell’agone politico l’evento più eccezionale e sicuramente epocale: fino a quel momento il ruolo delle donne era rimasto ai margini di ogni istituzione e sistema di potere formale.
Ci vollero le “poissardes”, donne del popolo che vendevano i propri prodotti al mercato, unite dalla necessità e da una prospettiva di sopravvivenza per porre una nuova categoria nell’agone sociale e politico. Una categoria sostenuta dal pensiero di Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Gouze che 1791 pubblicherà la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, affermando l’uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna e che verrà ghigliottinata nel 1793 quando già tirerà aria di restaurazione.
Eppure quella mobilitazione fu solo l’inizio di un lungo percorso – in parte ancora in atto – per l’inclusione, la parità e la partecipazione agli organismi democratici a livello universale.
Altre donne, in altri Paesi, combatteranno per ottenere il diritto di voto nei loro stati: nel 1792 Mary Wollstonecraft pubblicherà “A Vindication of the Right of Women” sostenendo la formazione dei primi circoli femminili nel Regno Unito per promuovere il cambiamento culturale e sociale.
Tuttavia, le richieste delle donne non otterranno risposte adeguate se non in tempi lunghi. Se è con la riforma del 1832 e con la legge comunale Corporations Act del 1835 che a Londra viene concesso il diritto di voto alle donne limitatamente alle elezioni locali, il suffragio femminile sarà raggiunto solo nel 1903. Negli USA il primo stato statunitense a riconoscere parzialmente il suffragio femminile fu lo Stato del Wyoming nel 1869, e solo nel 1920 dopo la fine della prima guerra mondiale le donne riuscirono a ottenere il suffragio universale.
Il primo Paese ad introdurre il suffragio universale fu la Nuova Zelanda nel 1893, poi la Finlandia e la Norvegia, rispettivamente nel 1906 e 1907. In Germania le donne ottennero tale diritto nel 1919.
In Francia il percorso iniziato dalle “poissardes” raggiunse l’obiettivo solo nel 1945, e in Svizzera si riconobbe il diritto di voto alle donne in alcuni cantoni dal 1959, ma solo nel 1971 nei cantoni restanti.
In Italia, dopo vari tentativi iniziati con la petizione di Anna Maria Mozzoni del 1906 – sostenuta anche dalla grande pedagogista Maria Montessori– saranno due uomini illuminati, Togliatti e De Gasperi, a estendere il diritto di voto alle donne con il decreto legislativo del 1 febbraio 1945. L’esercizio di un diritto ottenuto a ridosso di significativi momenti democratici, è probabilmente molto incidente nel risultato delle prime elezioni amministrative e del referendum istituzionale monarchia-repubblica.
Con le prime elezioni libere le donne, anche se in numero sparuto, entrano nei consigli comunali e nei ruoli istituzionali: due diventano sindaco, Ada Natali a Massa Fermana nelle Marche, e Ninetta Bartoli a Borutta in Sardegna; nella Costituente vengono invece elette ventuno donne, cinque delle quali saranno inserite nella Commissione per la Costituzione.
Si deve attendere il 29 luglio 1976 perché sia una donna, Tina Anselmi, ad occupare una carica di ministro (del lavoro delle previdenza sociale) nel governo italiano e il 22 ottobre 2022 per coprire l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri, con Giorgia Meloni.
La marcia delle donne per il riconoscimento pieno dei loro diritti è ancora in corso, su alcuni aspetti probabilmente ancora lunga, in un percorso ancora aperto: tematiche come le pari opportunità e il superamento del divario di genere nell’accesso all’istruzione, al lavoro e ad una coerente retribuzione, la prevenzione alla discriminazione e alla violenza di genere, fino alla chance di esprimere una specificità di contributo oltre i pregiudizi e le attese, sono in buona parte tutte ancora esplorare.