E come ogni anno, ritorna Natale!
Di tutte le feste, certamente il Natale è una ricorrenza speciale, una vera poesia, perché fin da piccoli entra nel cuore come una musica dolcissima. Preceduta dal tempo dell’Avvento, è la festa che commemora la nascita di Gesù, il 25 dicembre. Il giorno di Natale è un giorno festivo in molti Paesi, celebrato sia religiosamente che culturalmente da miliardi di persone in tutto il mondo. Rimane la festa più popolarmente sentita e ha continuato a ispirare numerose opere che comprendono, oltre alle tradizionali pitture e sculture riguardanti la Natività, anche film, musiche sacre e romanzi. Basti pensare al racconto “Canto di Natale” di Charles Dickens (1843); in pittura, all’affresco sulla “Natività” di Giotto (1303-1305); nella musica, Adeste fideles trascritto da John Francis Wade (1743), Stille Nacht di Joseph Mohr e Franz Xaver Gruber (1816), Jingle Bells di James Pierpont e, in Italia, “Tu scendi dalle stelle” di Alfonso Maria de’ Liguori (1754).
Il Natale è gioia, condivisione, generosità, convivialità, è stare in famiglia. A me ricorda l’infanzia, il mistero, la meraviglia. Rivedo gli zampognari che percorrevano le strade del mio piccolo paese, la neve che scendeva copiosa, il grande abete in piazza, le candele colorate, le massaie che ripescavano le ricette di mamme o nonne, le maestre con i loro scolari che preparavano la recita natalizia. Ma soprattutto si respirava un’atmosfera di serenità e di attesa, pensando a quel bambino che, oggi come allora, chiama re e pastori, muove angeli e stelle.
La tenerezza di Quel bambino adagiato su poca paglia, scaldato da un bue e da un asinello, riempie il cuore di speranza. Figlio di una sedicenne, Maria di Nazareth, quel neonato che da una grotta fa sentire la sua presenza al mondo, è Gesù, il Figlio di Dio, il protagonista della festa.
Quanti Natali abbiamo vissuto, eppure rimane intatta la bellezza di quella grotta, di Quella Famiglia destinata a diventare un modello di perfezione. Dicembre diventa perciò un mese particolare, perché, più degli altri, ci proietta come per magia verso un mondo illuminato, verso vetrine colorate e strade addobbate, quasi irriconoscibili. Ci spinge verso cibi, suoni, immagini, regali da donare e da ricevere; sembra ruotare intorno a noi un’atmosfera da fiaba, un mondo di bontà ritrovata nel nostro cuore e nei volti sorridenti perfino dei passanti.
Ma improvvisamente entra nell’anima una sottile inquietudine, un’improvvisa nostalgia, che ci spinge indietro verso cose e persone che ci mancano.
Eppure tutto è quasi ormai pronto! Le lucine nuove, di colori diversi, sono un vero spettacolo: si accendono e si spengono, ma la luce dentro di noi non si accende a comando, non basta una data sul calendario o un interruttore ultra moderno. Qualcuno ha scritto che il Natale porta in sé felicità e malinconia! Penso che sia davvero così, perché ciascuno di noi deve fare i conti con il proprio passato, che si intrufola tra noi e quelle lucine intermittenti, divertendosi quasi ad accendere e spegnere in noi ricordi e mancanze, facendo affiorare vuoti e assenze. Non possiamo essere felici a tutti i costi, come succede nella pubblicità, dove si susseguono immagini inneggianti a un Natale da sogno.
C’è chi ha perduto una persona cara, chi si è separato, chi è ammalato o soffre per povertà, guerra o altro. Che fare? Natale per qualcuno è solo consumismo, è lo shopping al centro commerciale, i film con Boldi-De Sica, le giocate a carte con gli amici, i panettoni, il Cenone, la corsa all’ultimo regalo, la Messa di mezzanotte, piena piena di gente, che solitamente non va a messa.
Mi chiedo allora come vivere in pienezza il messaggio del Natale, il suo significato più profondo e più vero?
Ho letto da qualche parte che ogni giorno è Natale se ci si ama, se si cerca di diffondere speranza e bontà.
Allora questa può essere l’idea vincente, perché tutti possiamo vivere questo periodo natalizio non solo come una ricorrenza speciale, ma come un’opportunità per fare spazio a una Presenza che ci chiede di vivere in noi e in mezzo a noi. Amare significa accettare anche la nostra tristezza, rischiarata da una Luce che ha illuminato un angolo sperduto di Betlemme.
Dovremmo stare con parenti o amici non perché ce lo impongono la tradizione o le usanze del posto in cui viviamo, ma per ritrovarci finalmente insieme, per guardarci negli occhi, per condividere esperienze, scambiarci impressioni e gesti di affetto, ma anche per ricucire qualche strappo o rinsaldare qualche legame un po’ fragile. Non facciamoci prendere dalla frenesia degli acquisti, dalla corsa ai regali, da un’atmosfera di consumismo diffusa un po’ dappertutto. Aiutiamoci a creare un clima di serenità, di condivisione e di pace, a fare spazio nel nostro cuore e nella nostra casa al mistero di un Dio che si è fatto Bambino per portare il Cielo in terra, principio della rivelazione dell’amore e della tenerezza di Dio per l’umanità.