Il sistema complesso della città. Intervista al sindaco di Udine
Lei ha elaborato un “Decalogo della complessità. Agire, apprendere e adattarsi nell’incessante divenire del mondo” per l’editore Guerini e Associati, 2024. Quale percorso ha seguito per arrivare a questa visione complessa? Quali sono i suoi rapporti culturali con altri pensatori della complessità come Edgar Morin, Mauro Ceruti, Mario Castellana ed altri?
Ho scoperto le scienze della complessità lungo il mio cammino professionale poco prima del 2000. Come ingegnere gestionale mi sono trovato a non riuscire a risolvere certi problemi che alcune imprese mi ponevano, ad esempio formulare delle previsioni di vendita affidabili. Applicando tutte le formule tipiche del management classico, non se ne veniva a capo. In quegli anni incontrai il prof. Giorgio Rasetti del Politecnico di Torino che aveva trascorso 20 anni presso la Princeton University con Philip W. Anderson, un fisico statunitense vincitore del Nobel nel 1977. Nel 1984 Anderson partecipò alla fondazione del Santa Fe Institute, un istituto di ricerca multidisciplinare dedicato alla scienza dei sistemi complessi. L’incontro con Rasetti per me fu come la folgorazione sulla via di Damasco. Il maestro arriva quando l’allievo è pronto. Da quel momento in poi iniziai a studiare le scienze della complessità applicate al management. Ho avuto modo di incontrare personalmente Morin a Udine nel 2004 in occasione del Premio Nonino, a lui attribuito. Con Mauro Ceruti e Mario Castellana ci conosciamo e confrontiamo dal 2006. Ho contribuito anch’io alla stesura del libro curato da Cerruti nel 2021 Cento Edgar Morin, con una riflessione sulla “Ecologia dell’azione”.
La complessità aumenta sempre. Ci troviamo di fronte al dilemma della complessità. Cosa significa danzare con i sistemi complessi soprattutto nel governo di una città?
Donella Meadows, professoressa statunitense di dinamica dei sistemi complessi, afferma: «Non possiamo controllare i sistemi o capirli. Ma possiamo danzare con loro». Cosa significa danzare con i sistemi complessi nel governo di una città? A Udine guido da 18 mesi, come sindaco civico, una maggioranza extra-large costituita da Italia Viva, Azione, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Lista civica di centro e Lista civica di sinistra, un’autentica arca di Noè con a bordo specie politiche molto diverse: erbivori, carnivori e onnivori. Il programma, a suo tempo concordato, nella dinamica del divenire politico, non è sufficiente a tenere unite tutte queste forze, perché dobbiamo decidere cose non previste nel programma. Allora abbiamo adottato una strategia di “maggioranza politica a geometria variabile”, ispirata all’orlo del caos, inteso come zona intermedia tra ordine e disordine. Troppo ordine, morte per fossilizzazione. Troppo disordine, morte per disintegrazione. La vita è nella zona intermedia tra ordine e disordine. A volte mancano i volti della sinistra più radicale, a volte quelli del centro più tradizionale. In sintesi: troppo ordine − ovvero votare sempre tutti uniti – trasformerebbe la coalizione in una caserma; troppo disordine – ovvero votare sempre tutti divisi – trasformerebbe la coalizione in una babilonia. Siamo pronti? Risponde Shakespeare: «Ogni cosa è pronta se anche i nostri cuori lo sono».
I principi della complessità vengono applicati soprattutto nella gestione delle organizzazioni in generale e delle imprese in particolare. Lei, diventato di recente sindaco di Udine, come spiega la scarsa applicazione delle scienze della complessità nella teoria e nella pratica politica? Ritiene possibile uscire dalla crisi della democrazia senza una teoria della democrazia complessa per governare il mondo con una nuova governance multipolare planetaria?
Purtroppo la conoscenza delle scienze della complessità è ancora poco diffusa nel sistema universitario italiano. I corsi dove si insegnano i principi e le applicazioni delle scienze della complessità si contano sulle dita di una mano. La scarsa applicazione delle scienze della complessità nella teoria e nella pratica politica ne è una diretta conseguenza. Il mondo è complesso. Senza una teoria della democrazia complessa non è possibile una nuova governance multipolare.
Lei è professore ordinario di Ingegneria economica gestionale presso l’Università di Udine dove insegna Gestione dei sistemi complessi. Come considera la proposta del presidente dei vescovi italiani, card. Zuppi, di una nuova “Camaldoli europea”, cioè di un incontro storico in questo momento di grave crisi mondiale, tra studiosi, pensatori per elaborare una visione nuova in grado di trasformare l’Unione europea in una vera Unione politica in un mondo multipolare, con una identità plurale, con difesa e politica estera comune per garantire la pace?
Ritengo che la proposta del cardinale Zuppi, attuale arcivescovo di Bologna, sia da realizzare. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968, affermò che «la Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia» (Omelia del 1° gennaio 1968). Parafrasando Lercaro, mi permetto di dire: «L’Università non può essere neutrale di fronte all’ignoranza, da qualunque parte essa venga: la sua vita non è la neutralità, ma la ricerca della verità». Coniugare profezia e verità è una prima feconda pista di una “Camaldoli europea”.
Lei afferma che la complessità dei sistemi sociali è più elevata e che autonomia e cooperazione sono il mix per navigare nella complessità. Occorre coniugare pensiero complesso e azione semplice. Come sta attuando questi principi nella sua esperienza di sindaco civico di Udine?
Le faccio un esempio: la richiesta al Comune di Udine del patrocino alla manifestazione del Pride 2023 in Regione FVG. Nel documento che accompagnava la richiesta c’era l’istanza, tra le altre, di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche e di impedire l’obiezione di coscienza ai medici anti-abortisti. In Giunta si profilava una spaccatura verticale tra gli assessori di area cattolica e gli assessori della sinistra radicale. Come ne siamo usciti? Cambiando il piano della discussione politica. Abbiamo redatto un documento autonomo ispirato ai diritti sanciti nelle carte e negli statuti di ONU, Comunità Europea, Stato Italiano, Regione FVG e Comune di Udine. Sulla base di quel documento (dove non si parlava né di crocefissi né di obiezione di coscienza) la Giunta ha concesso il patrocinio all’unanimità. Questo è un classico: spesso la soluzione del problema non si trova sul piano in cui il problema si pone, ma su un altro. Come insegnano le metamorfosi di Ovidio.