Promuovere la democrazia, costruire la pace

Questo il titolo del convegno promosso Movimento Politico per l’Unità Italia, Centro Igino Giordani e Istituto di Cultura e Formazione Antonio Rosmini che si è tenuto lo scorso 25 novembre 2024 a Roma presso la Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
Iniziativa in solitaria di un cittadino con la bandiera della Pace esposta in piazza della Libertà in occasione della visita del Ministro Matteo Piantedosi ad Avellino per l'apertura del G7 dei ministri dell'Interno. 2 ottobre 2024. ANSA / CIRO FUSCO

«In un momento in cui i processi di pace segnano il passo e si assiste ad un indebolimento delle istituzioni internazionali, come Movimento politico per l’unità sentiamo la necessità di contribuire con il nostro percorso proprio al rafforzamento della legittimità democratica delle istituzioni» ,ha affermato nell’introduzione la presidente nazionale Argia Albanese. «Senza ingenuità, siamo consapevoli della crisi antropologica del tempo in cui viviamo, dei conflitti sociali e del condizionamento di un’economia basata sul profitto che sembra prevalere sul primato della persona, compresa l’economia di guerra, la produzione fibrillante di armamenti, che è una concausa del dissolvimento dei percorsi diplomatici. È un tempo che ci pone interrogativi a cui spesso non sappiamo rispondere se non con la testimonianza, in quanto sono messe a dura prova le certezze che pensavamo di avere».

La recente Settimana Sociale dei cattolici, ha ricordato Albanese, ha posto fortemente il tema della crisi della partecipazione democratica e il dovere di un impegno per la promozione di una democrazia di qualità in Italia e nelle istituzioni europee, ispirata ai valori costitutivi della Carta costituzionale e dell’Unione europea. Valori che hanno garantito dal dopoguerra un tempo di pace anche con strumenti quali il patto atlantico, su cui non occorre una demonizzazione ideologica ma piuttosto una riflessione trasparente e popolare su come implementare nel nuovo ordine multipolare quegli stessi principi e un più efficace processo di integrazione europea che rinforzi i valori fondanti di libertà, uguaglianza, solidarietà e pace. Il Mppu offre la propria esperienza di rete politica in cui convivono idee diverse, nel rispetto e nella legittimazione reciproca, come proprio specifico contributo al dialogo.

Alberto Lo Presti, da politologo ha affrontato l’argomento del rapporto tra democrazia e pace rilevando che è compito della politica nelle società democratiche tenere insieme valori diversi quali la libertà, la solidarietà, l’uguaglianza, la pace senza assolutizzarne qualcuno a discapito di altri ma saggiare l’idoneità di ogni valore, declinandolo nel contesto storico e geopolitico di riferimento. Igino Giordani era un uomo di pace, un pacifista contrario alla guerra eppure nel 1949 spiegò il suo voto favorevole in Parlamento all’adesione al patto atlantico da parte dell’Italia chiamando in causa la sicurezza, la dignità dei popoli, la dissuasione della guerra. Concepiva il patto atlantico come un passo nella marcia dei popoli verso la pace universale. In un mondo in cui i rapporti tra stati rischiano di polarizzarsi intorno a soggetti forti, quindi multipolarismo, la cultura cattolica dovrebbe contribuire ad un multilateralismo dal basso, come chiede Papa Francesco, che riconosca il destino comune dei popoli e rifiuti l’egemonia di pochi del mondo multipolare.

L’on. Patrizia Toia, per diversi anni parlamentare europea, ha offerto una disamina delle questioni dirimenti in Europa che provocano tensioni e fratture e che rallentano un processo virtuoso di integrazione all’interno dell’Unione, quali visioni diverse su spesa pubblica, debito e frugalità, solidarietà e immigrazione illegale, stato di diritto. Occorre impegnarsi mediante il dialogo e la costruzione di una vera casa comune a cui i cattolici possono dare un originale contributo.

È seguita a conclusione della prima parte la riflessione del professor Rocco Pezzimenti dell’Università Lumsa di Roma sulla visione cristiana della pace. «Vi lascio la pace, Vi do la mia pace», una frase evangelica che nella enciclica “Pacem in Terris” viene declinata con la visione cristiana della pace che non è un obiettivo ma una precondizione per lo sviluppo armonico dei popoli ed anche della loro spiritualità. Altrimenti vige la legge del più forte, siamo chiamati ad andare oltre e a vedere una nuova convivenza tra i popoli e a coltivare la pace prima di tutto dentro di noi.

Era presente un nutrito gruppo di giovani studenti universitari romani. Per loro è intervenuta Claudia Lupis, con una sollecitazione alla politica a cogliere l’opportunità storica di ripensare democrazia e pace con immaginazione, responsabilità e radicalità. I programmi politici reiterano spesso schemi noti senza aspetti innovativi e l’azione politica è concentrata nell’amministrare il presente e invece dovrebbe immaginare il domani. Questa è l’aspettativa dei giovani, per loro il mutamento è una costante, ed hanno assistito al crollo di muri che si pensavano immutabili come l’apartheid, i movimenti contro l’austerità o per il clima. La democrazia non è partecipazione passiva, e vanno coltivate forme di democrazia diretta, di budget partecipativo, di immaginazione e innovazione anche per la pace nella diplomazia internazionale.

Nella seconda parte del convegno si è sviluppato un momento di dialogo tra esponenti politici e associazionismo sul tema del contributo che istituzioni e società civile stanno portando per costruire percorsi di pace. L’onorevole Pino Bicchielli della Commissione Difesa per Noi Moderati è arrivato ma è stato richiamato alla Camera per un’urgenza mentre il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli ha inviato un messaggio di saluto.

All’on. Lorenzo Guerini del Partito Democratico, presidente del Copasir, è stata chiesta una riflessione partendo dalla sua esperienza in quanto era ministro della Difesa nel momento dell’invasione russa dell’Ucraina. «Dobbiamo governare il giudizio sulle persone e costruire un dibattito pubblico rispettoso: ho firmato 5 decreti di aiuti all’Ucraina, tanti mi hanno contestato ma non ho mai pensato di affibbiare loro l’etichetta di putiniani. (…) Vanno rispettate anche le contraddizioni dentro di noi: non ho firmato quei decreti a cuor leggero, l’ho fatto con una riflessione interiore, col confronto con gli altri non solo in parlamento. I nostri valori di fondo si incontrano e a volte si scontrano».

Guerini ha convenuto sulla necessità di non assolutizzare un solo valore a scapito degli altri: pace senza giustizia o senza verità. Alla domanda su come mai l’Italia non sottoscriva il trattato sulla abolizione degli armamenti nucleari ha ricordato che l’Italia aderisce al Trattato di Non Proliferazione firmato da 188 nazioni, la iniziativa successiva del 2019 per la messa al bando delle armi nucleari non ha l’adesione di nessun paese occidentale, a parte un impegno a sottoscrivere della Germania a cui non è stato dato seguito e, a suo avviso, è una iniziativa che appare più ideologica che realmente perseguibile nell’attuale contesto internazionale. Il punto vero, per Guerini, è come costruire un nuovo ordine mondiale, visto che molti Stati non riconoscono più quello uscito dalla Seconda guerra mondiale. La fratellanza tra i popoli, la cooperazione al posto della competizione sono sfide difficili ed impensabili ma ora è il momento in cui politica e associazionismo devono iniziare a confrontarsi a lavorare insieme su questi temi.

Letizia De Torre, già parlamentare italiana ed ora ad Haifa per il Movimento dei Focolari. racconta la propria esperienza di sentirsi stretta nei tanti confini a cui non era abituata in Europa, e per la limitatezza di una visione politica che per raggiungere sicurezza provoca instabilità, ad esempio con l’esodo dei rifugiati, per raggiungere maggiori risorse provoca disastri economici, ottiene piccoli lembi di terra con prezzi umani altissimi. È solo una politica lungimirante che, come successo in Europa, può immaginare istituzioni che possano “preparare la pace”.

Alcuni intellettuali già nel 2017 parlavano di “grande regressione” dicendo che la politica ha perso il sentimento del “noi”, chiudendosi in una democrazia minimale che non ha saputo prevenire le guerre. Le organizzazioni per la pace ed anche gli esempi quotidiani sono tantissimi in Israele e Palestina, solo la rete Alliance for Middle East Peace ne raccoglie 160. Bisogna dal basso preservare il multilateralismo sottoscrivendo nuovi patti come quelli che hanno dato origine all’ONU. L’Europa faccia un “salto quantico” e sia protagonista della costruzione di un nuovo ordine mondiale basato, come nel suo motto, su unità e diversità.

Il presidente di Azione Cattolica Italiana, Giuseppe Notarstefano, ha ripreso quanto sottolineato da Argia Albanese inizialmente cioè il desiderio, dopo la Settimana Sociale di Trieste, di animare il dibattito pubblico e partecipare a una rigenerazione della politica. La pace è la sfida della democrazia. «Cerchiamo di avvicinarci – dice Notarstefano – di riconoscere la pluralità che caratterizza anche le nostre associazioni e proprio in ragione di questo vogliamo camminare insieme, fare un percorso comune. Vogliamo abitare uno spazio di lavoro artigianale per la pace, non ci possiamo rassegnare alla guerra e considerarla qualcosa di inevitabile ma ci siamo dati in Costituzione un articolo che ripudia la guerra. Dobbiamo creare occasioni di dialogo e confronto costruttivo e la settimana sociale ci ha dato importanti strumenti per questo percorso».

Rispondendo ad una provocazione di Guerini, che ha raccontato della sua vocazione alla politica nata in parrocchia, ma anche di molta solitudine e distanza della comunità ecclesiale, Notarstefano ha concluso col proposito, come associazione e in cammino con le altre associazioni, di riattivare delle relazioni con la politica non solo per fare sinergia, ma per stimarci di più in particolare nella vita pubblica. La Chiesa non può limitarsi alla educazione dei ragazzi ed alla liturgia, compiti pure importantissimi, ma va coltivata la capacità di dialogo verso il mondo. È necessario esportare la cultura dell’amicizia sociale e corresponsabilità cogliendo l’occasione del prossimo Sinodo per andare verso il “noi”.

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