Siria: attacco ad Aleppo

Da giovedì 28 novembre scorso, la bandiera della Siria Libera (quella con 3 stelle e la banda verde) è tornata a sventolare sulla cittadella di Aleppo e sulla Moschea degli Omayyadi, i luoghi simbolo della seconda città della Siria
Le forze ribelli lanciano ad Aleppo una vasta offensiva contro il governo siriano. (Foto Ansa, EPA/Mohammed Al-Rifai)

La cittadella è un’antichissima fortezza posta su una collina artificiale, al centro di Aleppo, una delle città più antiche del mondo, e la Moschea degli Omayyadi, a poche centinaia di metri, è un capolavoro risalente all’VIII secolo, il cui minareto dell’XI secolo non c’è più dal 2013, distrutto durante la guerra civile iniziata nel 2011 e mai conclusa.

In pochi giorni, i ribelli asserragliati a Idlib (56 Km a sudovest di Aleppo), hanno marciato per una ventina di chilometri dalla linea del fronte del 2020 fino ad Aleppo, praticamente senza incontrare resistenza da parte delle sparute truppe del regime lasciate a presidio. Secondo notizie fornite dal famoso e sempre informatissimo Sohr, l’Osservatorio siriano per i diritti umani (che ha sede a Londra), i miliziani della coalizione islamista sunnita guidata dai miliziani ex-al Qaeda di Hayat Tahrir al Sham (Hts, Organizzazione per la liberazione del Levante) hanno occupato in poche ore buona parte della città di Aleppo dirigendosi anche a sud verso Hama. Per mancanza di risorse e di truppe, il regime di Bashar Assad ha chiesto aiuto ai russi, fedeli “alleati” di Damasco insediati dal 2015 nella base navale di Tartus e in quella aerea di Latakia, sulla costa mediterranea della Siria.

Alcuni, pochi, aerei russi si sono alzati in volo da Latakia più volte bombardando Idlib e l’avanzata dei ribelli islamisti (che Damasco definisce sempre e soltanto terroristi): qualche centinaio di soldati e miliziani, e qualche decina di civili, sarebbero stati uccisi. Sono migliaia i profughi in fuga verso sud. La Turchia, che fin dall’inizio sostiene i ribelli e combatte contro i curdi siriani, ha protestato contro i raid aerei russi su Idlib. Si dice che in un bombardamento russo proprio su Idlib sia rimasto ucciso anche il capo della coalizione jihadista Hts, Abu Muhammad al Jolani, ma la notizia non è confermata. Questo non ha comunque fermato l’avanzata dei ribelli. Anzi, le stesse fonti turche sostengono che sarebbe in corso un contemporaneo tentativo di golpe a Damasco, per eliminare Bashar al Assad, che intanto, si dice, sarebbe fuggito a Mosca con la famiglia.

L’aeroporto di Aleppo e le strade intorno sarebbero state chiuse, secondo fonti dell’agenzia di stampa Reuters, da alcuni gruppi curdi dellla regione. Sembra un paradosso che i curdi del nordovest siriano, fortemente anti-turchi, si siano accordati con Hts, notoriamente filo-turco. Si teme che possano intervenire nella rivolta anche i curdi del Rojava, le temibili milizie Ypg che controllano l’est della Siria, e che in qualche modo sono armati dagli Usa, presenti dal 2016 con una propria base militare nel sud della Siria.

Che sta succedendo in Siria? La guerra è ricominciata come se niente fosse? La situazione è come sempre, e fin dall’inizio, molto, molto complessa. Anche e soprattutto perché non è più, e da tanto tempo, una una guerra civile siriana, ma uno scontro di grandi potenze.

Quello sta succedendo in Siria è un effetto che si potrebbe definire collaterale della tregua tra Israele e Hezbollah in Libano. I ribelli siriani, o terroristi – loro si ritengono patrioti – sono ripartiti spezzando facilmente l’assedio di Idlib, probabilmente per sfruttare una situazione che ritengono a loro molto favorevole, anzi un’occasione unica, perchè gli alleati del regime siriano di Bashar al Assad, al quale i ribelli si oppongono, sono tutti in evidente affanno: Hezbollah, Iran, milizie filo-iraniane in Siria e Russia.

Hezbollah (che ha finora sostenuto  anche militarmente il regime di Assad) ha infatti appena ottenuto la tregua di 60 giorni da parte di Israele dopo 2 mesi di devastanti bombardamenti israeliani in Libano (al Sud, nella Beka’a e a Beirut); l’Iran si trova al centro delle minacce dirette israeliane, oltre ad essere da anni sotto embargo e sanzionato; depositi e fabbriche di armi legati alle milizie filo-iraniane e ai militari iraniani in Siria sono stati oggetto di una settantina di bombardamenti israeliani; la Russia, che negli ultimi 10 anni ha mantenuto in vita il regime siriano, ha ritirato da tempo gran parte delle sue forze navali e aeree stanziate in Siria per impiegarle nell’invasione dell’Ucraina, che va avanti da quasi 3 anni.

La sostanza di questa riaperta voragine bellica in Siria è che la guerra israeliana contro il cosiddetto “Asse del male”, come lo definisce Netanyahu, o “Asse della Resistenza”, come lo definisce la guida suprema iraniana Ali Khamenei, continua ad allargarsi. Un ulteriore allargamento del conflitto mediorientale che potrebbe avere pesanti conseguenze. Anche nucleari.

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