La tregua in Libano vista dal mondo
«Gli sfollati ritornano nel sud del Libano mentre il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah sembra reggere»: pone l’accento sulle lunghe file di auto che hanno riempito le strade libanesi il britannico Guardian, che apre la sua edizione online raccontando di come i libanesi festanti hanno immediatamente fatto ritorno alle proprie case dopo la tregua entrata in vigore nella notte tra il 26 e il 27 novembre «sfidando gli avvertimenti dell’esercito israeliano di rimanere lontani dalle zone evacuate» – frase scelta come titolo dal connazionale Independent.
Viene infatti precisato che le forze armate di Tel Aviv hanno confermato di aver comunque sparato dei colpi contro quelli che sembravano essere alcuni mezzi di Hezbollah. L’Independent pone l’attenzione anche sul fatto che gli attacchi israeliani hanno fatto danni in Libano per 6,7 miliardi di sterline (poco più di 8 miliardi di euro). Ricordiamo peraltro che il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, all’annuncio dell’accordo ha immediatamente chiesto che uno analogo venga raggiunto anche per Gaza.
Dall’altra parte della Manica, il francese Libération apre con un cauto «Base legale, garanzie, incertezze: cosa sappiamo dell’accordo di cessate in fuoco tra Israele e Hezbollah», sottolineando il fatto che «l’applicazione dell’accordo rimane piena di incertezze» e che il testo è stato reso noto “solo a grandi linee”, peraltro con alcune contraddizioni tra fonti israeliane, americane e libanesi. Una tregua definita quindi come “fragile”, e prova ne è – si dice – il fatto che, nonostante i 60 giorni ufficialmente previsti, Netanyhau si sia dichiarato pronto ad attaccare in ogni momento in caso di violazione da parte di Hezbollah e che le popolazioni siano appunto state avvisate di non fare rientro nelle zone sfollate.
Anche lo spagnolo El País afferma che l’accordo «fa presagire un futuro incerto», dato che la previsione da parte di Israele e Usa di poter rompere la tregua e attaccare il Libano se riterranno che Hezbollah stia riprendendo le operazioni mina alla base il cessate il fuoco. El Mundo riferisce invece del ritorno in forze degli sfollati alle loro case, e della soddisfazione comunque espressa dalle parti coinvolte nel negoziato.
In Germania, Der Spiegel apre chiedendosi «Perché in Libano è possibile ciò che a Gaza invece non funziona?». Il riferimento è ovviamente al fatto che nella Striscia non si sia voluto raggiungere alcun accordo tra Israele e Hamas, data la situazione assai più complicata che caratterizza Gaza.
Più ottimismo caratterizza gli Stati Uniti: il Washington Post pubblica un editoriale di David Ignatius dal titolo «In una stagione di guerra, la diplomazia finalmente ottiene una vittoria». Nella fattispecie «una vittoria di Israele su Hezbollah, l’alleato più agguerrito dell’Iran»; ma anche dell’uscente amministrazione Biden, «dopo anni di tentativi infruttuosi di raggiungere una tregua a Gaza» – per quale tuttavia Biden assicura di essere ancora al lavoro.
Anche il New York Times afferma che Biden spera di poter trasformare questo cessate il fuoco «in una più vasta pace regionale»; mentre il New York Post torna sulle già citate discrepanze nell’accordo, tra cui il fatto che Mahmoud Qamati, vicepresidente del Consiglio politico di Hezbollah, avrebbe dichiarato di non avere in realtà mai visto l’accordo nella sua forma finale.
La notizia è invece ignorata o quasi dai siti di informazione russi. Interessante e in qualche modo curioso che la Komsomol’skaja Pravda, appena finita la Cop29, apra con un articolo della sezione economia dal titolo «Quanti soldi porterà il riscaldamento globale alla Russia: pro e contro del cambiamento climatico per la nostra economia». Come dire: un po’ di informazione “alternativa” non guasta mai.
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