Ogni vita umana è preziosa
Noi siamo il risultato di ciò che viviamo, di gioie e dolori, di conquiste e fallimenti, di luce e buio. Il cuore umano è veramente un guazzabuglio, come lo ha definito il Manzoni, perché esso è causa di gaudio, ma anche di tormento. Platone, dal canto suo, ci dà un consiglio su come approcciare gli altri:
«Ogni persona che incontri, sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre». Ci sono eventi che non possiamo cambiare, non tutti i venti sono favorevoli e conducono l’imbarcazione della nostra vita in porti sicuri.
Abbiamo tutti le nostre notti, quel buio fitto in cui non appare neanche una stella o uno spicchio di luna, ma possiamo scegliere sempre come reagire: possiamo spegnerci o diventare noi stessi delle stelle.
Ho conosciuto Luciano e Sonia, una coppia vicina ai sessanta, a luglio del 2005, sulla spiaggia, seduta a guardare un tramonto spettacolare.
Ci scambiammo qualche frase di circostanza, ma io fui colpita dal loro modo di stare insieme: c’era negli occhi di lui uno sguardo tenero, rapito, innamorato mentre lei, lo guardava con i suoi occhi azzurri e gli diceva qualcosa che lo faceva sorridere: si aggrappava al suo braccio nonostante fossero seduti.
Quando mio marito mi raggiunse, fu spontaneo approfondire la conoscenza reciproca e così, ci ritrovammo anche i giorni seguenti a trascorrere del tempo insieme finché una sera li invitammo a cena. Fu un momento indimenticabile perché ci raccontammo pezzi della nostra vita.
Luciano nel 1966, invitato da un suo amico nella sua casa di villeggiatura, a Pesaro, conobbe Sonia, bellissima, intelligente, allegra e nei quindici giorni passati tra tuffi, nuotate e balli nei locali all’aperto, si innamorò di lei. Arrivò il giorno della partenza, si scambiarono gli indirizzi e tante promesse. Una volta arrivato in Basilicata, Luciano la tempestò di lettere e di cartoline, ma non ricevette mai una risposta. Nel ‘ 67 ritornò a Pesaro, rivide Sonia, sempre più bella, ma la trattò freddamente e forse fu questo suo atteggiamento scostante che attirò Sonia. Nel ‘ 68 si fidanzarono e nel ‘ 69 , dopo il diploma conobbero i rispettivi genitori e si fidanzarono ufficialmente.
Luciano: «non mi sembrava vero di aver trovato in un colpo solo la donna della mia vita, ero come inebriato, con la testa tra le nuvole. Per me non esisteva che lei.
Ci iscrivemmo all’Università di Urbino, alla stessa Facoltà. Abitavo con lei, nella casa insieme a i suoi genitori e a sua nonna. Che dire? Fu un periodo magico, si studiava insieme, poi si usciva».
Sonia: «Ero felice e presa anch’io, ma Luciano viveva come in una bolla ed era irraggiungibile, al punto che, mentre studiavamo, lui perdeva il filo e si distraeva continuamente. Io sono sempre stata una tosta, decisa. Vedevo la Laurea come la possibilità di guadagnare e vivere finalmente in una casa mia. L’appartamento dei miei era stretto e non sopportavo di abitarci ancora, per di più insieme al mio fidanzato. Mi era sempre piaciuto leggere e studiare perciò mi ero iscritta ad una scuola esclusiva della mia città, frequentata dalle figlie di gente ricca. Io che non lo ero, ho sempre sofferto di un complesso di inferiorità. Mio padre, infatti, faceva il falegname, lavorava tantissimo in quella scuola gestita dalle Suore, ed io per far dimenticare la differenza sociale, mi mettevo in mostra vivendo esperienze insolite per quei tempi sfruttando la mia cultura e la mia bellezza. Mio papà mi voleva molto bene, ma era timido, silenzioso, e succube di sua madre, bellissima, rimasta vedova quando lui era piccolo. Si era rifatta una vita con il capo della fabbrica dove lavorava e si faceva mantenere da lui pur non vivendo insieme.
Mia mamma, anche lei seducente e affascinante, usciva ogni sabato sera e mio padre, quando rientrava, litigava con lei, poi usciva per la disperazione e io piangevo pensando che non sarebbe più tornato. Questo mi aveva portato negli anni a non credere all’amore eterno e quindi, passavo da un’avventura all’altra senza impegnarmi e senza lasciarmi coinvolgere. Annotavo tutto in un diario, per abitudine. Poi ho incontrato Luciano!»
Purtroppo però, un giorno Luciano trovò il diario di Sonia, proprio quando la situazione generale e il clima che si respirava in quella casa aveva fatto nascere qualche dubbio in lui su come sarebbe stato il loro futuro. Ne parlò con lei, ma Sonia non fu capace di rassicurarlo, di promettergli che gli sarebbe stata fedele. Così si lasciarono piangendo, ma decisi a non farsi del male reciprocamente. Lei divenne insegnante in una scuola media e lui andò a lavorare in banca.
Sicuramente quel sentimento bellissimo che avevano vissuto rimase dentro e faceva affiorare ricordi e rimpianti, sia in lui che in lei, per ciò che sarebbe potuto accadere se la vita fosse andata in modo diverso. Poi nel 2005 incontrando un banchiere di Pesaro durante un incontro sindacale a Roma, Luciano scoprì che abitava nella stessa via di Sandra. Gli chiese se la conosceva: era la professoressa di sua figlia, ma da poco operata di un tumore, si trovava in ospedale.
Si fece dare il suo numero e la chiamò. Nel frattempo i familiari di lei non c’erano più: la nonna era morta di Alzheimer, il padre d’infarto e la mamma di cirrosi epatica. Tre giorni dopo Luciano raggiunse Sonia per poterla aiutare concretamente e starle vicino. Da quel momento, appena poteva, si assentava dal lavoro per correre da lei e perciò li conoscemmo. Rimanemmo in contatto con entrambi finché Luciano, disperato, ci comunicò che Sonia, ricoverata per un tumore all’intestino era morta.
Era metà giugno del 2010. Lasciò tutti i suoi soldi, e anche la sua bellissima casa, d’accordo con Luciano ad un’ associazione, in beneficienza.
Mi ha colpito la storia di questi due miei amici: Sonia bellissima e travolgente, ma prigioniera di catene invisibili, solo in ultimo si è accorta della profondità del sentimento che la legava a Luciano. Mi ha commosso la fedeltà di Luciano, che con il suo amore tenace, è stato capace di rischiarare le tenebre di Sonia e, tendendole la mano, le ha permesso di sperimentare il paradiso.
Ci sono segni che non si cancellano, vuoti che non si possono riempire se non con un amore infinito, che non chiede nulla in cambio! Quante esistenze vengono sconvolte da chi è attratto dal sesso, dall’alcool, dalla droga, da chi non sa rinunciare ad un piacere effimero, illusorio e sacrificano ad esso la propria vita e quella di chi è al loro fianco.
Io penso che il Paradiso è l’amore che riusciamo a dare, è una luce potente che ci avvolge ed invade il cuore nel quale lo riversiamo.
Solo questo tipo di Amore fa miracoli!
Anna Maria Carobella
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