Quando le paure genitoriali diventano rigidità allarmanti

Quando abbiamo paura di qualcosa ma non ne abbiamo una piena consapevolezza, questa si trasforma in rigidità. L'importanza di disinnescare il "sistema di allarme"
Foto Pexels

La paura è, tra tutte, l’emozione più funzionale alla nostra sopravvivenza. Si manifesta infatti in risposta a una minaccia, reale o percepita, allo scopo di metterci in condizione di proteggerci e salvarci. Le neuroscienze hanno individuato nel nostro cervello un vero e proprio “sistema di allarme” (innescato dall’amigdala) che, in situazioni di pericolo, attiva una serie di reazioni fisiologiche (volontarie e involontarie) che ci permettono di adottare le strategie per farvi fronte fino a che il rischio per la nostra sopravvivenza non è più presente e il sistema di allarme può disattivarsi.

Negli esseri umani questo stesso sistema si attiva anche quando la paura è legata a fattori emotivi, in assenza di una minaccia per la sopravvivenza fisica, ma spesso in presenza di un bisogno profondo non soddisfatto. Anche in questo caso la paura svolge una funzione di adattamento importante ma, se non prendiamo consapevolezza che ciò che stiamo provando è paura e non ci chiediamo quale istanza porta con sé, questa riaffiorerà ogni volta che un “grilletto” emotivo la riattiverà e sarà difficile disattivare il sistema di allarme, restando così in costante allerta.

Durante il colloquio con Giulia e Claudio, genitori di Giovanni, Claudio è visibilmente agitato quando racconta tutti gli episodi in cui il figlio non riesce a contenere la sua emotività. Percepisco la sua difficoltà e cerco di sintonizzarmi emotivamente con lui. Affiora così in me una domanda che gli rivolgo “Di cosa hai paura?”. Improvvisamente il suo sguardo si apre, proprio come quando si ha un’intuizione illuminante e, lasciandosi andare sulla poltrona come sfinito dalla fatica, si commuove mentre mi dice: «Che diventi come uno di quei ragazzi che si sentono in tv». Mi racconta che lui ha avuto un padre molto autoritario che lo ha fatto soffrire tanto per cui con suo figlio cerca di essere molto più comprensivo ed affettuoso, ma quando Giovanni si arrabbia davanti ai “no” lui teme che suo figlio cresca senza rispetto per le regole e che non riconosca la sua autorità.

Ha paura quindi, davanti alle reazioni per lui “eccessive” del figlio, che se non interviene subito con ramanzine e azioni dimostrative o punizioni esemplari questo atteggiamento non cambierà e suo figlio crescerà “fuori controllo”. Ha paura di non essere un bravo genitore e di non essere in grado di farsi rispettare. La paura è così grande e soprattutto non consapevole, da prendere il sopravvento e portare Claudio ad irrigidirsi nel ruolo di “educatore”, di detentore della verità, piuttosto che sintonizzarsi a livello emotivo con il figlio, aprirsi all’ascolto profondo e al dialogo con lui per capire come si sente, legittimando le sue emozioni ed aiutandolo ad affrontarle. Ha paura di non essere un bravo papà, che il modello educativo che ha scelto, così diverso da quello di suo padre, non funzioni. Anche i suoi “no” diventano così rigide imposizioni piuttosto che regole esplicitate con calma e fermezza.

Quando abbiamo paura di qualcosa, ma non ne abbiamo una piena consapevolezza, questa si trasforma in rigidità. Ci irrigidiamo su una posizione perché ci fa sentire al sicuro rispetto alla possibilità di guardarci dentro e scoprire che ciò che attribuiamo all’altro ha a che fare con noi, con una nostra paura, con un nostro bisogno.

Quando Claudio ha riconosciuto che a guidarlo era la sua paura per il futuro del figlio ed il suo bisogno di essere riconosciuto come un bravo papà, ha potuto bloccare quel meccanismo di proiezione delle sue paure sul bambino e guardarlo veramente. “Disinnescare il sistema di allarme” gli ha permesso di abbassare le difese e cambiare atteggiamento. È diventato libero di essere accogliente e non giudicante nei momenti di rabbia e frustrazione di suo figlio, permettendo anche a Giovanni così di modificare il proprio modo di reagire. Il bambino piano piano ha iniziato a trovare il modo di regolare l’intensità delle proprie emozioni e di esprimere sempre più con le parole e sempre meno con “atteggiamenti esplosivi” come si sentiva.

Imparare a riconoscere le paure che ci abitano è una chiave fondamentale per non attribuire ai nostri figli un’intenzione che non hanno e per poterci aprire alla fiducia. Fiducia verso i nostri figli, le loro risorse e verso la nostra capacità di essere genitori e di stargli accanto.

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