Il pensiero poliedrico in papa Bergoglio

Papa Francesco è un "cattolico sociale" con una visione complessa della Modernità che non sempre è stata colta.
Papa Francesco parla con i giornalisti a bordo del volo di ritorno a Roma al termine della sua visita di quattro giorni in Belgio e Lussemburgo, domenica 29 settembre 2024. ANSA/AP Photo/Andrew Medichini/Pool

Troviamo in papa Francesco elementi di un pensiero complesso dentro un orizzonte segnato da contrasti profondi (cf. Massimo Borghesi, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Jaca Book 2017). Scopriamo una filosofia della polarità o meglio una teoria dell’opposizione polare nata dalla sua tesi di dottorato su Romano Guardini. Da qui scaturiscono la concezione del bene comune, la critica della società opulenta, la Laudato sì. Forte pertanto diventa in Bergoglio la critica al primato dell’economia nell’era della globalizzazione.

Non dimentichiamo poi che, alla scuola di S. Ignazio, la vita per Bergoglio deve essere testimonianza, uno stile cristiano autentico nel XXI secolo. Opzione per i poveri, teologia del popolo, riforma della Chiesa, della Curia romana in particolare, sono gli effetti di questa visione. Tale formazione intellettuale consente ora di comprendere lo sguardo complesso e poliedrico che guida l’attuale pontificato. Si tratta di una lettura “dialettica e mistica” a un tempo, di uno dei più acuti filosofi del Novecento: Gaston Fessard. Cattolicesimo come coincidentia oppositorum che incontra l’ antropologia polare di Romano Guardini e il pensiero del più importante intellettuale latinoamericano della seconda metà del secolo scorso: Alberto Methol Ferré. Si configura in tal modo una riflessione originale e feconda all’altezza delle grandi sfide attuali.

È importante quindi capire la genesi del pensiero di Bergoglio ed il suo sviluppo, che si è rivelato capace di coniugare complessità del reale e semplicità nella comunicazione rivolta a tutti. Visione dialettica, teologia del popolo, mistica e discernimento orante, il valore dell’incontro e della testimonianza, l’ opzione preferenziale per i poveri, il radicalismo evangelico sono gli ingredienti di un pensiero complesso che si manifesterà in Evangelii Gaudium e poi nelle Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti.

Non sempre si è colta la complessità del pensiero di papa Francesco. Bergoglio è un “cattolico sociale” con una visione complessa della Modernità. Egli è ben oltre le semplificazioni del progressismo marxista e del conservatorismo europeo e nordamericano dei teocon, ben oltre il “paradigma tecnocratico” del pensiero unico della globalizzazione. Egli è contro la cultura dello scarto dei poveri, degli invisibili, dei deboli ma il suo è un pensiero della riconciliazione, non irenico ma drammatico e tensionante in una dialettica polare, antinomica, tendente ad una sintesi degli opposti fino a diventare una sinfonia. Insomma, un pensiero complesso.

La visione trinitaria era chiara al card. Bergoglio: «Armonia, ho detto, questo è il termine giusto… Uno dei primi padri della Chiesa scrisse che lo Spirito Santo “ipse armonia est”, egli stesso è armonia. Lui stesso è autore al medesimo tempo della pluralità e dell’unità. Solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e allo stesso tempo fare l’unità. Perché quando siamo noi a voler fare la diversità facciamo gli scismi e quando siamo noi a voler fare l’unità facciamo l’uniformità, l’omologazione» (in G. Valente, Francesco. Un papa dalla fine del mondo, Emi, Bologna 2013, p.35).

Per Bergoglio l’ unità nelle differenze ha rappresentato un punto fondamentale del pontificato. La complessità del suo pensiero consiste nell’evitare due tentazioni: cercare la diversità senza l’unità, cercare l’ unità senza la diversità. Da qui nascono tre coppie polari: pienezza- limite, idea-realtà, globalizzazione-localizzazione. Ne derivano quattro principi: il tempo è superiore allo spazio; l’unità è superiore al conflitto; la realtà è superiore all’idea; il tutto è superiore alla parte. Bergoglio, nella sua apparente semplicità, è una figura complessa. La sua è una mistica ignaziana di contemplazione e azione con una chiara visione del tutto e delle sue parti. Egli è profondamente radicato nella “teologia del popolo fedele”, ben diversa da quella della liberazione e dai populismi.

La trama del pensiero di papa Francesco può essere trovata tra “intelligenza della complessità” e “intelligenza della speranza“. Con le ultime due encicliche egli attua il Concilio e traghetta la Chiesa da forme autoreferenziali e integraliste verso forme più aperte al futuro e alla sinodalità. Papa Bergoglio si muove tra teologia teocon e ospedale da campo, reso necessario dalla complessità delle sfide attuali e dalle ferite dell’umanità.

Sensibile alla giustizia sociale di fronte ad un’economia che uccide, il suo pensiero abbandona la teodicea economica di Novak e di altri conservatori statunitensi degli anni Ottanta. Il modello del poliedro è antitetico alla globalizzazione monocromatica. Emerge un nuovo umanesimo in Antropocene. È la capacità di Bergoglio, alla Newman, «di vedere molte cose nello stesso tempo come un tutto». “Connected view” di chi ha visto la complessità del mondo osservato dalle periferie del mondo.

Il sociologo Philippe Portier si interroga sulla “filosofia politica di papa Francesco”. È un “mutamento intellettuale” che dà spazio all’emancipazione dei movimenti popolari, delle periferie del mondo, sulla scia di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Nuovo modello di Chiesa dopo quello di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, grazie ad un approccio ermeneutico basato sul concetto di “decostruzione del concetto di verità”.

Per il teologo Pier Davide Guenzi esiste una “chiave utopica” per interpretare le matrici culturali dell’etica sociale di Bergoglio. Così egli coglie la crisi ecologica in Antropocene e coniuga crisi sociale e antropologica con crisi ambientale nella Laudato si’. Si realizza il connotato politico della Evangelii Gaudium: il tempo è superiore allo spazio. Occorre avviare processi, la transizione ecologica, non occupare posti.

Due studiosi latinoamericani, Verónica Roldán e Francisco Mele aiutano a capire la “visione politica di Bergoglio”: «Politica del popolo che non va confusa con populismo». In debito con Teologia del popolo e con la più ampia Teologia della cultura, diversa da Teologia della Liberazione, nata in Argentina con “metodo storico culturale” grazie a Juan Carlos Scannone, molto stimato da papa Francesco, in grado di capire meglio ethos o sapienza del popolo. È un prodotto del cristianesimo del Sud del mondo. È una teologia in divenire, una teologia della cultura sulla scia di Paolo VI, che si pone in modo programmatico in ascolto del popolo.

Il popolo diventa un luogo teologico e filosofico, “realtà della propria azione”. Per Francisco Mele ha avuto un certo ruolo Levinas con la “responsabilità dell’Altro”. In Bergoglio poi troviamo l’ influenza del personalismo con l’importanza della relazione interpersonale e dell’antropologia uni-duale dove convivono maschile e femminile, unità e dualità senza annullare le opposizioni (Giulia Paola Di Nicola). Bergoglio è attento al rapporto uomo-donna e consapevole delle riflessioni femministe. Il rapporto con la nonna gli ha consentito di avere a disposizione un conoscere affettivo capace di unire verità e sentimento, cuore e ragione, fonte imprescindibile del Popolo di Dio, sacerdotale e profetico.

Esaminiamo ora il “concetto di straniero” in sociologia per papa Francesco. «L’immigrato non è altro da noi ma parte integrante di una comunità in itinere, in una Chiesa ospedale da campo. È messo in moto il poliedro nella complessità geopolitica del problema, a fronte dell’ inverno demografico europeo». Questa visione ci aiuta a comprendere in modo oggettivo questo pontificato della Chiesa in uscita, della sinodalità di un popolo in cammino. Chiesa presente e protagonista in un mondo sempre più interdipendente. Come scrive Ceruti nel Secolo della fraternità, la fraternità è un percorso che la rende un imperativo nel tempo della complessità.

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